"Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché.
I loro desideri hanno le forme delle nuvole."

Charles Baudelaire

Percorsodiviaggio


Visualizza ormediviaggio...sul mondo in una mappa di dimensioni maggiori

venerdì 28 maggio 2010

Un soggiorno per "due"

2° parte
Quasi tutta la vita del sud est asiatico si svolge a ridosso di un fiume (non solo la loro ovviamente), per il Mekong è un discorso più serio, tutto ruota intorno a lui, pesca, monasteri, locali, mercati, divertimento e quant’altro…il Mekong rispecchia l’immagine vita.
Scrisse…presi una barca e risalii il Mekong verso le grotte di Than Ting con i loro 7000 Buddha…cosa fare?
Saltati i lestofanti sulla riva che chiedevano 200 kip mi imbatto in quelli di una agenzia (la quindicesima), avevo girato per la riva per tre giorni proprio in quel punto ma non avevo visto il cartello perché in lao!!!
Quindi pago 70 invece che 40…demonio inside….lo so, sono pochi centesimi ma non è da me.
Quindi di buon’ora vengo caricato su una barchetta da 8 posti con 4 stranieri, io non lo sono, io calpesto.
Risaliamo l’imponente fiume controcooreente tra bufali al bivacco, pescatori improvvisati, bimbi ignudi a godersi le gioie dell’infanzia e splendide case appartenenti al paesaggio, proprio parte di essa, tutte in legno con tetti di paglia, un dipinto, quasi malinconico con tutto il suo verde pastello gli alberi in fiore rossi ed il cielo celeste tra i promontori lontani, artistico.
Dopo due ore di lenta agonia, anche per il motore, arriviamo alla grotta…avevo visto un immagine dell’epoca in cui casualmente è stata scoperta, molto suggestiva; la prospettiva è bellissima, a circa 20 metri dall’acqua si vede l’apertura nella roccia che da sola accende le fantasie.
Saliamo dalle scale e ci sono già troppi lavoratori, tre al biglietto, 2 sbivaccati all’ombra degli alberi e una donna che con la solita scatola “donazioni” ti chiede soldi…umm, quanto no mi piacciono queste cose.
La grotta non è grandissima ma interamente sommersa di statue raffiguranti il Buddha, di tutte le dimensioni e di tutti i materiali…si perché durante la guerra fu saccheggiata e molte statue trafugate, stupide guerre.…ora sono state rimpiazzate con materiali di ogni tipo, dalla roccia, al legno fino a quelle di plastica, pongo, lego e addirittura una con la palla di vetro (di plastica), come quelle che si agitano con la “neve” dentro (?).
Però il luogo respira della sua sacralità comunque.
Ci sono anche le stecche di legno con quale si interroga la divinità riguardo al proprio futuro...
Lentamente, con le mani giunte, si scuote un bussolotto finché una delle tante piccole stecche di bambù che stanno dentro non cade per terra. Ogni stecca ha un numero, a ogni numero corrisponde un foglietto di carta con un messaggio…
Dinanzi alla statua del Buddha, una volta effettuata l’offerta alla tipa e privatamente alla statua, ho acceso le bacchette di incenso e con le mani giunte portate alla fronte - evitando di darmi fuoco - le ho inserite nel vaso, finito il rito mi sono diretto verso il bussolotto.
In realtà è una sorta di porta penne di bambù con all’interno stecchette non tanto più alte del bordo, non ricordavo di preciso il rituale (ed ero l’unico a farlo), ma scuotendolo ho pensato di poter generare un kaos inappropriato stile mikado quindi ho chiuso gli occhi e preso una delle tante bacchette di bambù…n. 18, ho preso il bigliettino dalla bacheca e sono andato alla caverna superiore.
Il messaggio dice:
….
……..
………………
è in lao e non ho trovato nessuno in grado di tradurlo!!!!!!
I pochi figli di lao che sanno l’inglese mi hanno detto che essendo in “buddhista” l’interpretazione  del messaggio cambia…insomma porterò con me questo foglietto a spasso per i continenti (i miei) senza sapere mai nulla! Vita amara.
Le mie giornate procedono tentando di organizzare il futuro, cosa fare?
Le ipotesi sono molteplici, vorrei andare più a nord, Muang Noi per la precisione, e da li continuare però parlando con coloro che ci sono stati, e la mitica mamy della g.h., mi è passata la voglia, non solo per la massiccia presenza turistica ma anche per la costrizione ad effettuare trekking con agenzie e permessi salati (per me) quindi decido di rimanere qualche altro giorno a Luang e continuare il “nostro” percorso…per la precisione la tomba di Henri Mouhot colui che scoprì Angkor Wat, lo straordinario e misterioso sito in Cambogia, e che morì poco dopo proprio a Luang Prabang perché colpito dalla malaria, aveva solo 35 anni...come me.
Andarlo a trovare era stato per me molto più semplice, mezz’ora di macchina in direzione Ban Noun; poi una decina di minuti a piedi giù per una scarpata, su un sentiero ormai invaso dagli arbusti…
Per me non sarà così…
Ho deciso di andare direttamente in Thailandia e mi sono informato sul come.
La slow boat che risale il Mekong fino al confine ci mette due giorni con sosta di una notte, a tue spese, a Pak Beng, poi si arriva a Huay Xai quando il confine è chiuso quindi un’altra notte, il costo va dai 230 ai 270 kip solo per la barca, in più devo calcolare cibo e pernottamenti per due giorni.
Per il bus, mi dicono le fuk…agenzie, che il prezzo è 170, tutte, si parte la notte e si arriva all’alba, io non mi fido più nemmeno della mia ombra e decido, per andare alla tomba di Mouhot, di affittare una bici così da passare anche alla stazione dei bus per informazioni e prezzi.
A dire il vero volevo uno scooter ma il prezzo va dai 12 ai 15 $ al giorno, benzina a parte, quindi opto per la bici; la sorella di mamy mi mostra la scelta, mountain bike da 5 $ o…lei, rossa e con il cestino sul manubrio…la graziella lao, 1$.
Opto per il fascino del dolore, è il mio percorso di vita…a dire il vero ha anche il sellino bello alto proprio per me, peccato che al posto della levetta per regolarlo c’è il bullone…ma va bene mi sta a pennello, andiamo!
Parto verso le 13 orario perfetto circa 40°, decido per prima cosa di andare alla stazione distante 4 km, attraverso il ponte di ferro solo per pedoni, bici e scooter.
Come battistrada due tavole di legno affiancate e rischio di lasciarci la vita con i motorini dietro che sgasano e suonano, maledetti…
Il simpatico bigliettaio appassionato di thai boxe mi dice che il biglietto per il confine costa 100 kip, mentre segue un incontro con altri dieci colleghi “sfancacchiati” e fomentati alle sue spalle, 70 in meno delle agenzie e che non c’è problema di prenotare, vieni qui paghi e parti, easy Lao.
Perfetto.
Decisione presa niente boat un paio di giorni in più qui e via diretto in Thai!
Sotto un sole poco amico riparto con  la “grazia“  verso il paesino di Ban Phanom tra smog, camion e folate di terra che appannano la mia vista e i miei bronchi, trovo il bivio, in salita, procedo pedalando in piedi non avendo marce fino alla fine della salita proprio dinanzi ad un tempio, davanti una discesa terribile e poi un’altra salita e cosi via, capisco subito che sarà una giornata complessa.
Mi involo giù per la discesa tra le curve ed arrivo al paese, un cartello indica la direzione della tomba peccato che sia proprio in mezzo a due strade, una asfaltata ed una no, mi fido della seconda.
Sono finito nei meandri del paesello tra buche pecore e galline, arrivo davanti ad un tempio e a pochi metri da li sento una chitarra strimpellare, seguo il suono ed è in braccio ad un ragazzo lievemente stonato che con i suoi amici mi guarda e mi saluta, io chiedo info riguardo la tomba in inglese ma con la pronuncia francese, sorridono mi guardano e ridendo rispondono in lao, un fallimento, mi offrono acqua almeno, bravi.
Però sento il fiume Nam Khan scorrere dietro la folta vegetazione, sono sulla buona strada… buona.
Continuo e sbuco di nuovo sull’asfalto giù tra discese e salite..
La tomba dovrebbe essere a circa 4 km da qui ma non vedo più segnali, cartelli, nulla, solo discese e salite tra curve e vegetazione, un sali e scendi continuo, cioè scendo in salita e salgo in discesa...
Proseguo ma ad un certo punto proprio mentre ero fiondato in discesa per affrontare la prossima salita si interrompe l’asfalto, di netto, di colpo mi ritrovo sulla terra rossa tra buche e rocce, non so come non mi sono schiantato, mani strette sul manubrio e gambe dritte….da film comico.
Sfiancato e lievemente “strippato” mi fermo e ragiono, ho fatto più di 2 km su e giù e non vedo segnali forse ho sbagliato strada, ci penso e torno indietro.
Tornato al paese mi imbatto nel micro cartello che indica la direzione della tomba, era sulla sinistra della strada cosi piccolo e così allineato alla stessa da non vederlo, impossibile farlo.
Mi rifermo respiro e impreco un pochino, riparto, si, riparto perché sono di legno anche se il sole mi sta lentamente bruciando mentre la maglietta di nic colora la mia cute di viola...
Ripercorro la via e la strada è sempre peggio, un sobbalzo continuo sul sellino della graziella dove le mie natiche rimbalzano continuamente, rimbalzano…il sellino comincia ad abbassarsi e la cosa non mi piace.
Sono in mezzo alla foresta tra terra battuta e qualche sporadico scooter che passa, il caldo è davvero infernale e decido di fermarmi al “pit stop lao”.
Si una simpatica struttura di bambù o legno con il tetto di paglia tipica di questo paese, se ne incontrano ovunque in strada, in campagna, in città, le persone sostano qui nelle ore più calde, davanti le case sono come delle verande aggiunte, mobili, quasi sempre sul bordo della strada e dalle 12 alle 16 è normale vederci spalmati i maschi locali con la maglietta tirata su per una siesta…ovunque!
Continuo sulla strada tremenda e dopo mezz’ora arrivo al cartello che indica la tomba, stavolta è enorme.
Parcheggio il mezzo semi finito, lui,  e mi dirigo lungo la scarpata in mezzo alla foresta, ci sono due strade una va giù verso il fiume una su verso la collinetta, no so perché vado su.
Finita la scarpinata scendo verso lo slargo e...eccola li, di cemento bianco, la tomba di Henri Mouhot 149 anni dopo...scendo e mi porto verso la riva, la osservo dal basso, dallo stesso punto 17 anni dopo Tiziano, a 20-30 metri dal fiume, alle sue spalle un grande albero e alla sua sinistra un “ciuffo” di bambù rigoglioso.
Essere li tra il fango e l’altura è come porgere omaggio a due anime, non una, nella stessa immagine vedo il tumulo di cemento di un grande esploratore e quello immaginario di un esploratore diverso, sognatore, un mentore poco considerato dei nostri giorni…
Nulla è mutato stavolta in tutto questo tempo, tutto è esattamente come descritto e sono li solo ad osservare la stessa immagine e a condividere lo stesso pensiero riguardo ai sepolcri; non so perché ma ne sono sempre stato affascinato, li trovo così rassicuranti, pacifici, luoghi sicuri da scoprire come le centinaia, migliaia di vite, foto in bianco e nero, frasi impresse per descrivere un’esistenza, marmo, ferro o cemento, quel silenzio dai suoni sinceri, luogo di pace, ascolto.
Sembra folle per molti ma io ho sempre apprezzato la loro sacralità, li trovo confortanti.
Poco tempo mi concedo in quel luogo, profondo ma breve; come in nessun luogo del paese le zanzare mi hanno letteralmente divorato in pochi minuti e mentre camminavo, sfacciate.
Ripercorro la medesima strada, salite e discese di una strada sfiancante con il sellino sempre più basso, le ginocchia mi sbattono sul manubrio, mi sento come Cipollini al giro d’Italia col triciclo, ma è talmente esilarante che rido da solo, nonostante la fatica sia stata impressionante in questa giornata ho provato una forte emozione oggi, per tanti motivi i pensieri si sono susseguiti veloci, profondi,  almeno qui tutto è rimasto immobile, reale, immutato, senza "inquinamento" alcuno.
Domani parto per il confine, il mio tempo qui si è felicemente esaurito.

Andrea, Luang Prabang

giovedì 20 maggio 2010

Un soggiorno per "due"

1° Parte

Sono più di sei mesi ormai che viaggio in solitaria e senza sosta, ancora non ci credo che tutto questo stia accadendo realmente.
Tanti sono i desideri ed i sogni che ognuno partorisce fin dall’adolescenza e riuscire anche a realizzarne uno ti fa sentire bene, ti fa sorridere allo specchio, ti fa osservare la vita in modo diverso.
Certo non è semplice anzi, ci sono momenti in cui ti domandi se stai facendo la cosa giusta, se hai fatto delle scelte appropriate, lasciare tutto come l’amore, gli affetti, le amicizie, il lavoro, a che prezzo?
Alle volte è davvero difficile affrontare la vita senza sapere cosa c’è al di là do ogni tuo passo ma per quanto mi riguarda lo è sempre stato, certo con il sostegno delle persone più care è tutto più semplice, anche negli errori, nei rischi…
Ma viaggiare apre porte interiori inimmaginabili, ti cambia pur rimanendo uguale ai tuoi occhi, ti permette di affinare i sensi in molte situazioni, circostanze positive e negative, al riguardo sono stato fortunato sin ora, di negativo quasi nulla, tranne le solite visite da parte di solitudine ed inquietudine, ma ormai ho capito che con loro ci devo convivere fino alla fine.
Fine che non ha un inizio specifico, solo il percorso di ognuno.
Personalmente ringrazio quotidianamente “chiunque” per avermi dato la possibilità e la forza di fare questo passo, mai avrei pensato che nella mia vita avrei potuto “scegliere” il modo e il sentiero per viverla con più impegno possibile, ora lo sto facendo e continuo a guardarmi attorno con occhi da fanciullo, continuo a sorridere sempre e mi fa star bene.
Ed in tutto questo tempo una sola persona ha viaggiato “fisicamente” con me, Tiziano.
Non riesco a liberarmi del suo libro, quello donatomi dalle mie amiche e colleghe prima di partire, ormai lo avrò letto 5 volte ma ancora non mi stanca, anzi ho deciso, arrivato a Luang Prabang, di dedicare parte del mio soggiorno ripercorrendo il suo 17 anni dopo, una piccola dedica, un infinitesimale e personale tributo ad un uomo davvero unico.

Arrivo nella cittadina e l’aria è pacifica anche se tremendamente calda.
Monasteri ovunque al pari dei caffè, agenzie turistiche e  guest house, quest’ultime forse sono più dei monasteri…
Passeggio per la città percorrendo la riva del Nam Khan fino alla confluenza con il Mekong, tra monaci in completo arancione che lavorano la terra sell’altra sponda, i pescatori con le reti e le barche di legno che si spostano continuamente, alcune piccoline, altre maestose, “turisticoidi” direi.
Tutto è placido, tranquillo, fino a che non torno nella via centrale poco prima del tramonto e tutta la strada è occupata da bancarelle e gazebo, centinaia di metri invasi dai venditori, proprio dinanzi ai templi e alla collina Wat Pusi.
Proprio da quella collina, al tramonto, solo in mezzo alla natura tra pace e quiete osservando i due fiumi convergere, cita un passaggio del libro Siddharta (libro che amo particolarmente, fu il mio primo libro, il primo di una discreta serie…) e descrive quell’ attimo in modo profondo, tanto da creare una superba immagine nella mia mente.
Decido di salire sulla collina, oggi.
Sfiancato dalla gradinata arrivo all’ingresso, a pagamento ora…questo non me lo avevi scritto.
Continuo e arrivo in cima, ad attendermi un piccolo tempio, un nutrito gruppo di turisti e residenti, e dei simpatici quanto rumorosi marmocchi che spezzano l’incanto di un tramonto davvero suggestivo, anche per coloro che si arrampicano ovunque per le foto di rito!!!
Addio quiete e serenità, però è splendido davvero, si osserva circolare tutta la città, i picchi e il paesaggio incantevole; lo è anche per le varie statue di Buddha e “santoni” che si incontrano scendendo dall’altro lato, dove si trovano le rovine del Wat Pha Phutthabahe, ed un inquietante piede di Buddha all’interno di una buia caverna, enorme quel piede, non credo sia originale.
La mattina dopo all’alba (le 5), mi sono alzato per vedere …lo struggente spettacolo di centinaia di bonzi che escono dai monasteri e sfilano lungo l’acciottolato per ricevere le offerte di cibo dalla popolazione inginocchiata…
All’uscita della mia guest osservo il mercato che già brulica di persone, un mercato davvero interessante con pescioni ancora vivi e prelibatezze varie, comprese le famose bacamostrocavalette che avevo incontrato nel ristorante di Savannakhet; arrivo e mi piazzo dall’altra parte della strada, non dove passano e ricevono offerte, subito delle signore cominciano a vendermi cibo da offrire ai bonzi, io declino un po’ infastidito.
Poco prima dell’arrivo dei bonzi, mentre l’alba colora le vie e centinaia di meravigliose farfalle bianche invadono leggere la strada, comincia ad arrivare una discreta quantità di turisti che si fiondano dalle signore (coloro che dovrebbero effettuare l’offerta) per acquistare pugni riso, dolcetti e quant’altro da offrire.
Cioè, dove dovrebbe esserci la popolazione inginocchiata sulle stuoie, ora ci sono i turisti che comprano a cifre astronomiche dalle stesse il cibo e poi si fanno fotografare mentre lo “offrono”; quella che è una tradizione locale, cioè il dividere il cibo con coloro che hanno un ruolo importantissimo nel tessuto sociale e spirituale, è divenuto un oltraggioso (a mio modo di vedere) sfondo per turisti.
Sono rimasto impietrito, non volevo nemmeno scattare una foto, ma ne ho fatte un paio in lontananza per non dimenticare!
Che facce avevano i monaci, con che occhi assistevano a quello scempio tra flash e  vicinanze inopportune, quelli  non li dimentico.
Mi sono vergognato molto.
Devo dire che a differenza dei posti visitati sin ora nel paese il nord è un po’ diverso, sia per la presenza di turisti, che per i prezzi e l'atteggiamento dei locali, per carità sempre gentili e sorridenti ma votati molto di più verso il turismo.
Fortunatamente di divertimenti occidentali non ce ne sono molti, tranne qualche bar o pub il quotidiano è assolutamente lao, la sera ci si riversa per la via principale a fare shopping (solita immagine, lei che indica e sfreccia, lui depresso e carico di buste in mano, tutto il mondo è paese, impietoso) o si passeggia nel mercato tra le specialità dei vari chef, io ovviamente vivo al mercato che nonostante la presenza di parecchi stranieri è sempre frequentato da locali.
Una sera mentre sbranavo un polletto allo spiedo,  cioè pinzato col bambù, ho fatto due bizzarre conoscenze, Peter australiano sessantenne in vacanza con la moglie e Steve.
Peter un uomo incredibile con una vita passata davvero curiosa, ha lavorato per il governo australiano facendo non si sa bene cosa, poi si è costruito una barca, da solo, e ha fatto il pescatore per 10 anni fino a quando non hanno aumentato le tasse, poi si è aperto un ristorante che attualmente ha affidato in gestione a dei ragazzi e che gli rende un discreto mensile, ora viaggia con la moglie, quando lei non parte per l’Italia da sola, è innamorata del nostro paese; nel tempo “perso” si godono la loro casa vicino Crains, costruita da loro ad impatto ambientale zero, producendo energia da pannelli solari e dal fiume vicino casa.
Usano quasi esclusivamente prodotti del loro orto, un “orto” di 5 ettari (lui lo chiama il giardino davanti casa…australiani!) e si godono tranquilli la “pensione”…positivi e sorprendenti.
Steve invece è un personaggio vero, anche un po’ schizzatello, viaggiatore Irlandese di quarant’anni circa partito 25 anni fa da casa senza un soldo, vive e lavora ovunque nel mondo, maggiormente U.S.A., Mexico ed Europa, qualunque mestiere possibile, tuttologo.
Abbiamo passato una serata interessante, per me piena di informazioni e consigli di ogni genere, ed ennesima dimostrazione della possibilità di decidere molto spesso il proprio destino, illuminante.

To be continue…

Andrea, Luang Prabang 

venerdì 14 maggio 2010

Dal "tele tubing" ai pupazzi...

Non era in programma ma ho dovuto, so che la curiosità è donna ma….
Era di passaggio e mi sono detto perché non vedere questa fantomatica Vang Vieng?
Eccomi qua nel centro fattoni del sud est asiatico, tappa irrinunciabile di pischelli e non in cerca di emozioni forti, forti…”illuministiche”.
Il paese in se non ha nulla tranne due strade, il fiume Nam Song e alcune caverne.
Le strade sono composte da ristoranti, caffè, negozietti e agenzie turistiche, niente più, ah si, un tempio buddista di cui nessuno sa il nome.
Passeggiando per la strada mi sono accorto subito della stranezza dei ristoranti, quasi tutti non hanno tavoli con sedie ma comodi rialzi in legno con cuscini, tavolino stile nippo e tv, quest’ultime trasmettono per l’80% la serie tv  Friends e il cartoon I griffin,  da almeno tre anni dall’alba al tramonto, ininterrottamente, gli altri si spartiscono dvd e partite di calcio, punto!
Il “menu” è abbastanza occidentale, se non fosse per l’inserto happy menu.
Happy shake  con oppio o erbe “aromatiche” o funghi….happy pizza, bag qui bag li, infusi…insomma il paradiso dei non pensanti.
Detto così può sembrare un postaccio ma non lo è, anzi, prima di tutto è incastonato in un luogo che nemmeno a dirlo è stupendo credo che abbia anche le caverne più belle che ci siano nel paese (io ne ho vista una ma a momenti ci rimanevo per via della guida pischella che correva al buio come un matto tra le voragini, una è stata sufficiente) con guest house bellissime, bungalow di legno sulle due rive del fiume in mezzo al verde con amaca e silenzio tra picchi da sogno e a cifre ridicole; paradiso per amanti di rafting e climbing.
Secondo perché la serenità è diffusa ovunque, tutto è lento e rilassato, certo magari si incontra qualcuno che parla da solo, un’altra che collassa mentre parla con un amico, un altro che cammina tutto il giorno per la stessa via, però niente di pericoloso o spaventoso, almeno se preso in giuste dosi, ah, tranne per il tubing, appunto.
Il tubing, questa parola rappresenta in breve il luogo.
Si va in una delle agenzie sparse, ci si guarda, si paga e si parte, si in qualunque momento, per pochi dollari vieni dotato di una camera d’aria di un camion, lanciato in un tuc tuc  con altre persone e lasciato a pochi km dal paese, sul fiume, ad attenderti musica a cannone, lao lao gratis (whisky di riso artigianale) , un cartello che dice testuale please, buy some drink before do jumping, thanks, un mucchio di gente invasata e… si parte!
Ci si lancia nelle putride acque del fiume “sbragati” sulla comoda camera d’aria che lenta si fa trascinare dalla fievole corrente, nemmeno 4 metri e il primo bar pista di lancio ti butta una corda per l’attracco; ci sono tavolini, gente, bevande, una piscina per la lotta nel fango, musica e il trampolino.
Un trampolino di circa 10 metri con un omino che tiene una corda con un trapezio alla fine, afferri il trapezio, ti lanci, ondeggi e se ti dice bene ti tuffi nel punto più profondo, folle…ma ho dovuto farlo J.
E così per i restanti km che lenti affronti sul tuo copertone tra decine e decine di bar e ristoranti che ti prendono a bottigliate (di plastica con attaccata la corda) per farti fermare da loro, sono ovunque, con la loro musica, il loro happy menu e i loro trapezi/scivoli assassini, dico assassini perché ho visto parecchie persone tornare il pomeriggio con gambe o braccia sanguinanti quando gli andava bene, ok lo sballo ma farlo su un fiume con altezza che varia ad ogni cm e con rocce taglienti ovunque è un pelino pericoloso J.
Dopo il tubing tutti in doccia poi ci si ritrova in un ristorante o bar, sempre con cuscini e amache (uno sballo solo per quello) per iniziare la serata tra cibo, birra, secchielli di whiskey e coca, musica e altri happy meal…i personaggi non si contano, meravigliosi, da tutto il mondo e di tutte l’età, ci sono ragazzi che lavorano gratis nei vari bar notturni (che chiudono a mezzanotte massimo) o nelle discoteche di bambù lungo la riva (che si raggiungono attraversando ponti di bambù abbastanza pericolosi visto lo stato…), cioè non esattamente gratis, vengono ricompensati con cibo e bevande,  qualche fortunato altro J.
Se fossi venuto 10 anni fa qui forse mi sarei fatto tentare dal provare qualche prelibatezza ma sono troppo vecchio per queste cose…
Nel mio Tele Tubing ho incontrato molte persone, davvero le più assurde, ma anche persone interessanti come Francesco e la sua compagnia, architetto fiorentino esiliato spontaneamente in quel di Hong Kong per imparare la lingua e per lavorare, visto che nel nostro bel paese…però con estrema determinazione è deciso a tornare in patria e fare ciò per cui ha dedicato anni di impegno e sacrifici, lucido.
Descrivere la “fisionomia” di individui incrociati è impossibile, ma posso dire che nonostante l’assurdità del luogo l’ho trovato divertente e pacifico…J.
Ma dopo (soli) 4 giorni sono ripartito, destinazione “contro”, la piana delle giare.
Arrivo nella cittadina di Phonsovan, una volta si chiamava Xian-huang, città spazzata via dai bombardamenti americani, la regione è la più bombardata al mondo tanto che la nuova città è stata in parte ricostruita con i resti di bombe e materiali bellici riciclati, ogni hotel, casa, bar, ristorante o agenzia, ha una quantità impensabile di bombe, missili, pallottole, mine e quant’altro come ornamento o veri e propri pezzi di abitato urbano.
La cittadina è abbastanza desolante, ma stranamente invasa da occidentali, americani per lo più, e con parecchi elicotteri che volano quotidiani nei cieli…mah.
È sede del Mag, organizzazione che si occupa della rimozione di mine e bombe inesplose e dell’Uxo, fondazione delle nazioni unite intenta ad aiutare per il medesimo scopo…
Da qui si possono visitare le misteriose giare nella valle.
Nessuno sa esattamente da dove provengano, cosa sono e chi le ha create.
Si dice che abbiano all'incirca duemila anni ma i misteri sono molti al riguardo, come per i siti; io ne ho visitati tre, quelli canonici, però mi hanno assicurato che ce ne sono un centinaio nella provincia e a breve alcuni dovrebbero essere aperti.
Devo dire che sono abbastanza inquietanti, strane direi, alcune alte più di due metri e sparpagliate in modo anomalo, altre con coperchi grossi e pesanti, interessanti…tutto intorno caverne, quelle dove i lao si rifugiavano per scampare ai bombardamenti ma aimè per molti non ha funzionato, alcuni raccontano cose raccapriccianti al riguardo, storie di padri e nonni che è meglio lasciare dove sono…
Riguardo le giare la credenza locale parla di anfore per giganti ma ovviamente si tratta di credenze, quello che non è affatto immaginario è lo stato della regione; ci sono ancora moltissime bombe inesplose e avventurarsi da soli in quest’area non è assolutamente sicuro, ne sanno qualcosa i malcapitati che sovente si ritrovano negli ospedali, in special modo i bimbi delle zone rurali.
Ancora capita di imbattersi in bombe inesplose alcuni di loro giocando o lavorando per la valle ne pagano il caro prezzo, prezzo dovuto alla solita stupidità umana, centenaria, millenaria…tra le mani dell’innocenza sono pezzi di metallo, giocattoli, per alcuni fonte di guadagno per riciclo dei materiali, ma alla fine si rivelano per quel che sono, a distanza di trent’anni sono sempre armi omicide e molte, tante, sono le persone che ancora oggi rimangono uccise o mutilate dal solito scellerato sistema di vita chiamato “uomo”.

E li chiamano ancora incidenti!

Andrea, Phonsavan

sabato 8 maggio 2010

E lo ascoltano davvero..






Dopo due inquietanti giorni di disperazione interiore in quel di Dong Ha decido che è ora di abbandonare il Vietnam, niente sud cozza con il mio itinerario quindi direttamente in Lao, Shavannakhet.
Partiamo con un bussetto infarcito di turisti raccattati da varie agenzie (che hanno pagato il doppio il biglietto) ed un nutrito numero di locali che appaiono inspiegabilmente.
Arriviamo al confine che siamo una ventina, ripartiamo e il bus è talmente pieno da necessitare gli immancabili sgabelletti in mezzo al corridoio…mah.
Il confine è sempre il confine una di quelle esperienze “vere” del viaggio via terra, si materializzano continuamente disturbi.
Persone che ti passano davanti senza la minima preoccupazione, passaporti infarciti di moneta locale debitamente svuotati dalle forze dell’ordine, pacchi e sacchi che svuotano e riempiono i bus, turistici o meno, montagne di banane verdi con le ruote, moto e persone che sbucano nel mezzo dei 500 mt nella terra di nessuno, quelli che solitamente si attraversano quando si esce da un paese e si entra nell’altro, il tutto sotto gli occhi della “legge”, uno spettacolo solo per questo, serenità J.
Il paesaggio cambia a poco a poco mantenendo però la costante pienezza della natura, le case sono “palafittate”, in legno, con sotto amache (ovviamente) e “pianali” di legno con famiglie e animali a riparo dal sole.
Il caldo si fa sentire anche qui, si suda stando immobili all’ombra.
Sistematomi giro subito per la cittadina e nonostante parecchie similitudini con il precedente paese qualcosa cambia.
La pace, il silenzio, zero traffico e clacson, sorrisi e saluti.
Templi buddisti diversi, colorati, grandi e con i monaci in tenuta arancione e gialla.
Faccio subito due passi lungo il Mekong e dall’altra parte vedo la Thailandia, è così vicina da poterla quasi toccare.
Osservo anche i ponti, quelli “dell’amicizia”, che hanno definitivamente aperto il Lao al mondo e non mi riferisco a quello culturale, ora è terra tra la Thailandia e la Cina, scambi commerciali e influenze, in soli 4 anni già si percepisce quel che accadrà…
La via principale della città, che poi è un paese allargato, già ha subito metamorfosi, ristoranti e internet point per turisti, banche e atm, e pensare che mi avevano detto della quasi impossibilità di comunicare e utilizzare carte, macché.
Fortunatamente sono pochi e nonostante la quantità di suv, Mercedes e businessman occidentali in bermuda, la popolazione è assolutamente reale, i bimbi più piccoli corrono nudi, i più grandi scalzi, gli adulti spalmati sotto le case, relax.
Anche coloro che lavorano nella via sono “atipici”  nessuno ti stressa o tenta di alzare i prezzi, sono pacati e sorridenti, disponibili e gentili, lao.
Per la prima cena ho scelto un modesto ma attraente ristorante vegetariano con tanto di divieto di fumo.
Ordino un sublime fried rise with vegetables, il più buono mai mangiato in viaggio, la "bibbita" offerta dalla casa, acqua e limone.
Mentre gustavo questa deliziosa armonia tra riso, erbe di campo, funghi freschissimi e domate spezie, noto una presenza…nel centro della sala del “ristorante” illuminato a festa una specie di bacamostro giocoliere, lo osservo correre lungo il bordo sotto i tavolini, arrivato al centro della sala, dalle mie parti,  ha cominciato a saltare su se se stesso, un po’ cretino.
Inizialmente mi sembrava una blatta ma era troppo grande, poi ho notato che era una specie di cavalletta ma sempre troppo grande, come un criceto.
Mi arresto dalla degustazione e faccio notare al “manager” del locale che passeggiava scalzo da quelle parti la presenza, in maniera discreta, come per dirgli che carino…lui lo guarda, si accuccia, lo prende con le dita e lo porta alla bocca…poi guarda me ridendo e dice questo lo mangiano in molti qui da noi, e lo riposa dov’era.
Bene penso io, questo era il miglior riso mai mangiato in 6 mesi…comunque lo finisco e rapido lascio la locanda.
Prima impressione del Lao? Se non piaccio gli insetti evitare, sono molti, tanti ed enormi.
Dopo 2 giorni di assestamento parto per Thakhek per visitare la zona circostante tra colline e caverne “imperdibili”, ma il meteo ricomincia a fare capricci e la mattina della partenza in scooter diluvia terribilmente  e considerando che le strade non sono strade ma lingue di terra rossa facilmente “fangabile” decido di desistere e non perdere tempo, parto per Vientiane.
Sul bus pubblico entro nella realtà, paradossalmente è il più largo mai vissuto dalle mie gambe sin ora nonostante la statura media dei locali, i sgabelletti sono ormai una necessità, senza non si parte, come il carico che in questo caso "appesa" il tetto del bus in maniera esagerata, mobili, derrate alimentari, sacchi, scooter, anche se il top è stato il motorino accanto all’autista… le fermate sono parecchie più che altro per ventilare il motore incandescente e svuotare i residenti, naturalmente in mezzo alla natura… all'incirca ogni ora, poi la sosta “all’autogrill” per il pranzo.
Naturalmente le  autostrade non esistono quindi la sosta avviene nel paese sulla via, un agglomerato di mercanti di brace, tutti con le stesse pietanze, interi polli allo spiedo glassati (con una salsa sublime che devo capire…ma devo?), spiedo di pesce intero, blocchi di suino spiedati quasi interi, riso e carne incartati in foglie, ect…uno spettacolo, ci saranno in 10 metri 20 commercianti tutti con le stesse identiche cose e ognuno decide dove fermarsi senza problema…cultura!
Ma il top lo abbiamo raggiunto alla sosta in una stazioncina, in un nano secondo si sono materializzate decine di donne con le mani piene che da sotto il bus sventolavano spiedi di pollo, riso in busta, uova sode, maggiolini allo spiedo, rane giganti allo spiedo, bibite e dolcetti…questi ultimi mi hanno impressionato..comunque tutti i compagni di viaggio si agitavano per il succulento snack, indoviniamo…
Arrivo a Vientiane e mi rendo conto subito del perchè sia la capitale più tranquilla al mondo, non solo perchè in tutto il paese si contano circa 6 milioni di abitanti... è davvero graziosa, tranquilla, ben tenuta e pulita, piena di templi e con un'aria davvero rilassata.  
Inizio a girare per la città ma il caldo è davvero insopportabile, decido di rinfrescarmi bevendo una birra J, la famosa beer lao.
Praticamente tutto il paese e tappezzato di pubblicità e casse gialle che viaggiano o risiedono ovunque, e in poco tempo capisco perché, è in assoluto la bevanda più consumata da tutti i lao.
Dopo il lavoro, anche prima a dire il vero, moltissime persone si riuniscono nei ristorantini e nei bar all’aperto tra ventilatori e stuzzichini, tutti i pomeriggi ci ritrova li, uomini, donne e ragazzi per stare insieme parlare e divertirsi, naturalmente tutto nella più assoluta tranquillità e serenità, come in molti luoghi visitati sin ora.
Mi dirigo lontano dalla via principale e individuo una vietta con molti di questi locali e senza stranieri, ne scelgo uno tranquillo e ordino; seduto col mio birrino, al riparo dal sole e con un ventilatore a donare frescura, un signore comincia a parlarmi dal tavolo di fronte facendomi le solite domande e subito ah beautiful Italy,  football, food… la solita insomma, gli amici accanto gli parlano e lui “traduce” tra brindisi e sorrisi, dopo 5 minuti arriva un altro amico che con un inglese più convinto mi invita al loro tavolo e dopo poco mi ritrovo nel girone bere lao.
Passiamo il pomeriggio insieme tra birra, secchielli di ghiaccio (la bevono solo così) e piatti di erba di campo condita con qualcosa, alle volte grasso di carne;  sono autisti/guide che lavorano per una compagnia italiana (non proprio entusiasti dei salari), in Lao ci sono centinaia migliaia forse di questi mini van che scorrazzano turisti in giro per il paese (non solo turisti a dire il vero), dall’aeroporto all’albergo o da città a città oppure ingaggiati tramite agenzia da gruppi di turisti per vedere il paese, cominciamo a parlare del loro lavoro e si domandano come mai tutti vogliono andare a vedere sempre i soliti posti, il Lao è bellissimo mi dicono e ci sono realtà rurali molto più interessanti e vere da visitare, vero dico io, ma è anche vero che per farlo bisogna affittare una macchina, anzi un minivan con autista, e non tutti se lo possono permettere.
Viaggiare con il trasporto pubblico è più conveniente e le strade ovviamente attraversano quelle mete, le principali del paese insomma, le più note e meglio organizzate specialmente per il fai da te, vero è che qualcosa si perde però per chi è in vacanza e non può stare tre mesi è l’unico modo per visitarlo, poi si possono sempre fare escursioni quotidiane tra i vari villaggi.
A dire il vero parliamo anche di queste cose per via del loro progetto, aprirsi un agenzia e organizzare tour a modo loro così da mettersi in proprio e aiutare anche i villaggi più isolati sfiorati distrattamente dal turismo, nobile progetto ma aimè la realtà è che mancano le finanze (eh, quanto vi capisco) e via via parliamo tutta la serata, delle condizioni del paese, della vita familiare, dell’apertura al mondo esterno e dai possibili (probabili) cambiamenti del loro stile di vita, già ora mi dicono che tutti iniziano a sognare la casa grande, il macchinone, l’orologio…gli faccio notare che in città ci sono solo suv, jeep, mnivan e tuc tuc,  credo sia un inizio…
Le nostre chiacchierate al tavolo pomeridiano sono continuate per tutto il soggiorno, ci siamo visti nei giorni seguenti e passato davvero dei bei momenti tutti insieme per "l'aperitivo", oppure alcuni esilaranti come al mercato vicino alla grande stupa, alla bancarella dei dvd e cd pirata di un loro amico (assolutamente legali qui) con tutta la famiglia (una ventina), tra karaoke lao e duetti italo melodrammatici, vendita di cd da parte del sottoscritto, pietanze mai viste (hanno tentato anche con i maggiolini alla graticola ma non sono ancora pronto), e discorsi di vite quotidiane, sempre più personali in un ambiente cordiale e umano, davvero un grande incontro.
Certo la città l’ho vissuta pochino, ma gli abitanti mi hanno lasciato un grande ricordo e soprattutto fatto capire qualcosa del paese, molto anzi.
È proprio vero quel detto francese...

 “i vietnamiti piantano il riso, i cambogiani lo osservano crescere e i laoitiani lo ascoltano”.

Andrea, Vientiane