Arrivo a Kunming senza sapere chi e dove sono, mi lancio nello slargo dove vedo un’immensa presenza di umani alla fermata, cerco di dirigermi verso il centro col bus ma nessuno parla una parola di inglese e quando tento comunicare a gesti, disegni e telepatia sperimentale le persone mi guardano indifferenti, curiose, un po’ Doh!!
Chiedo ad un’agenzia di viaggio vicina cosa fare per andare dove voglio, non semplice, ma alla fine mi indicano il numero del bus che va da “quelle parti”…
Salgo, l’autista non cambia soldi ma pur di liberarsi di me e dei miei zaini non mi fa pagare il biglietto, uomo.
Attraversiamo la città ed è estremamente moderna, pulita e luminosa, con alberi e tranquillità non tipica per una città di queste dimensioni.
Intercetto casualmente la mia fermata e procedo alla rinfusa per la città.
Buona sorte vuole che non sia lontano dal luogo del mio possibile alloggio, residenza pescata da una guida senz’anima ne copertina barattata in Nepal, datata 2006, e dopo vani tentativi di comunicazione con le entità locali decido di vagare autonomamente ed un po’ “ad culum” per il quartiere.
Dopo aver stressato per mezz’ora ogni forma aliena locale realizzo che il posto è dietro di me in una vietta, tipico!
Entro e non mi sembra vero, tre piani, terrazzo, biliardo, ping pong, ristorante, internet free e pulizie tre volte al giorno, 30 yuan a notte.
Perfetto.
Un po’ troppo “backpakers” a dire il vero ma…va benissimo.
Ho oziato in città per due giorni.
Città irreale traffico zero, motorini 90% elettrici, bici ovunque e gli uccellini a cantare tutto il giorno, anche al semaforo.
Nei parchi, molti, persone a fare ginnastica, reiki, danza, disegno o ad imparare strumenti, tutte le età si confondono, anziani, giovani, famiglie, un prototipo di città perfetta, paradiso metropolitano.
Adolescenti con spade ed armi in legno realizzate in casa giocano vicino ai parchi simulando scene dei più famosi videogames, seri, fedeli, fantastici!
Nonostante le griffe dei negozi lo shopping e le vetrine sgargianti tutto è incastrato perfettamente nel tessuto sociale…tranne io.
Dopo due giorni prendo i miei zaini e parto per il confine con il Vietnam, si ho deciso di andare anche li, ma mentre lascio la mia dimora la gentilissima ragazza della reception mi dice ok, ma hai il visto? No ovviamente lo farò al confine rispondo io, lei mi dice che non è possibile…doh!
Chiama l’ambasciata per me e gli riferiscono che ci vogliono tre giorni per averlo...bene, informarti prima mai eh...
Potrei avere lo stesso letto please?
Altri tre giorni a Kunming, non male devo dire, relax allo stato puro e conoscenze variegate.
La guest è davvero splendida, un paradiso di quiete ed incontri internazionali e con un personale disponibilissimo, davvero gradevole.
Vado all’ambasciata sgancio la moneta e mi danno il visto per 30 giorni!
Alla stazione acquisto il biglietto per lo sleeping bus, prima di salire un tipo strano insieme all’autista mi chiede soldi in più per il bagaglio…mentre sto per cedere tra perplessità e proteste alla romana arriva una coppia olandese che alla medesima richiesta chiama il personale della stazione, stavo per essere truffato, a Kunming, città perfetta, città candida, città solare, città dell’eterna primavera.
I ragazzi avevano letto di possibili truffe al riguardo, io no.
Evitiamo “l’infamata” nella normalità più totale, l’autista ci odia.
Partiamo su questo ritrovato orientale che è lo sleeping bus, normale bus che al posto dei sedili ha 39 loculi/brande (per cinesi quindi 1,70 cm x 30) distribuiti su tre file a due piani, io risiedo in fondo, posto da cinque ma fortunatamente siamo solo in tre.
Dormo.
All’interno fumano, scatar…no e i bimbi evacuano liberi per mancanza di stop e toilette…autista infame.
Arriviamo al confine all’alba proprio prima dell’alza bandiera.
Il confine è separato da un ponte sul fiume, appena la frontiera si apre dalla parte vietnamita scatta una competizione tra bici, bilancieri, carretti e persone, tutti si catapultano correndo verso l’ingresso cinese carichi di qualunque cosa, frutta, vestiti, pacchi, sacchi, scatoloni.
Uno spettacolo assurdo.
Attraverso il confine con la coppia olandese, mi sento in debito per via della possibile truffa, decidiamo di prendere insieme un minivan per Sapa anche se io volevo arrivare alla stazione…
Appunto.
Prima sòla, lo paghiamo 10 volte il prezzo reale (2 euro).
Arriviamo nella piccola e dolce Sapa e subito siamo circondati da venditori e procacciatori, io mi dileguo salutando la coppietta ringraziandoli ed augurandogli ogni bene, cerco un posto consono.
Non è semplice, nella via principale del micro paese tutto è hotel, ristoranti, bakery tedesche, mexican restaurant e pizza bella napoli.
Con i zaini in spalla mi sparo tutta la città (4 km quadrati), non ci sono dormitori ed il prezzo per una camera parte ovunque da 6 dollari in su, più su che 6.
Devo dire che ogni struttura è ben curata, tutti hanno bagno in camera, tv satellitare, internet free e wi fi.
Però non capisco, sono a Sapa zona montana del Vietnam città delle minoranze etniche luogo perso nelle tradizioni più radicate…però sembra di essere a Thamel.
In effetti è così.
Tutto è modificato, alberghi ogni 33 cm , ristoranti, pizzerie e locali occidentali, le persone di “etnia” aspettano fuori dalla porta vestite con i tradizionali indumenti pronte ad assalire il colui di turno con borsette, cappelli, vesti, marjuana e “bum bum”.
Le anziane e le bambine sono le più instancabili, dalla piazza del mercato alla via principale ti seguono nonostante i gentili e sorridenti no thanks, tentando di vendere i loro manufatti, ma quando proprio capiscono che non è il caso tirano fuori buste di marjuana grosse come quelle delle patatine rincorrendoti per la via...
Riuscire ad essere garbato è sempre complicato, colei è un’arzilla vecchietta di 70 e più anni, ricorda vagamente i tuoi avi, puoi prenderla a calci???
No, però è stressante!
Dopo una estenuante, per lui, contrattazione trovo riposo in un dignitoso albergo, fico direi, 5 dollari; mi dirigo verso il nuovo tourist office senza speranze ma solo per avere info riguardo a come lasciare questo luogo.
Inaspettatamente faccio un felice incontro.
Remì, piccolo come sei, ragazzo francese di 27 anni circa, giramondo in solitaria che da 3 mesi si è fermato qui per imparare il “vietnamese”.
Parliamo pochi secondi e lui fomentato dal mio trip, molto simile al suo di qualche anno fa, mi spiega di evitare tutto ciò che penso di sapere sul luogo, facile, non so nulla.
Mi da una mappa con un breve ma sperduto itinerario proponendomi anche qualche notte in famiglie che conosce lui, vediamo.
Ci penso su e intanto affitto uno scooter per 2 dollari, invece che 4!!!, e mi dirigo verso il “dietro” del tutto, un percorso davvero arduo ma assolutamente reale, nelle 4 ore di scarpinata non incontro essere umani al di fuori dei pochi che lo abitano e dei suini “catozzo” che lo colorano, solo sporadiche case con animali, un ruscello, contadini e bimbi dalla rasatura curiosa, altri giocano con improvvisati ma efficaci trampoli di bambù artigianali, corrono come fulmini e si fermano a ridere con me.
A dire il vero tutte le poche persone che incontro mi fermano, nonostante nessuno parli una lingua comprensibile all’altro, però è divertente, sano, vero.
Dopo tre ore di strada impraticabile mi perdo nella foresta dei bambù e mi ritrovo sul picco della montagna, una coppia di locali in sapanese mi dice ma dove minc. ..credi di andare???, la strada è finita!
Ah, ok grazie.
Ritorno indietro rischiando la vita un paio di volte specialmente sul “ponte”, sbuco dall’altra parte del monte nella zona battuta dai turisti e il tutto si fa più “familiare”, abbandono i massi, i crateri ed i strapiombi sulla strada ritrovandomi su di un più soffice brecciolino piastrellato, al posto delle case di paglia e legno mattoni e porte di legno massello con infissi alle finestre, iniziano a chiamarmi per vendermi qualcosa…eh, ben tornato.
Finisco il giro vagando sulla strada principale e un ragazzo mi ferma.
Deve tornare al villaggio vicino Sapa e mi chiede un passaggio (ogni volta che affitto un mezzo carico qualcuno, non male, anche se l’ultima volta in Nepal un simpatico vecchietto mi ha fatto allungare di 15 km , su un percorso di macigni!).
Lo accompagno fino al mercato per fare spese, mi dice di essere uno studente ma contemporaneamente lavora i campi con la sua famiglia, poco remunerativo ma meglio che correre dietro ai turisti.
Bravo.
Arrivati mi dice di lasciarlo li perché per entrare nel villaggio bisogna pagare un biglietto (?), io gli dico che non c’è problema e fin quando posso lo accompagno.
Assurdo, un biglietto per entrare nel villaggio a 1 km da Sapa , come un casello, lo saluto proprio alla “sbarra”…dimenticami!
Il giorno seguente è tutto un diluvio, resisto un’altra notte poi trovo il modo di spostarmi verso Hanoi, inutile star qui per me nonostante sappia della bellezza dei luoghi in giro per la valle, le etnie e bla bla, il tempo e quel che vedo non sono proprio per me.
Sul bus per Hanoi, sedili reclinabili, incontro Damien e Tsubasa, il primo un australiano grosso come due, il secondo un giapponese atipico ma estremamente simpatico.
Arrivati all’alba li convinco a declinare l’invito di tutti i motbaik e taksi che ci stressano alle 6 del mattino, c’è il bus, 4000 dong e arriviamo in centro, easy no?
Arriviamo vicino al lago Hoan Kiem tra centinaia di persone a fare jogging e body building all’aperto.
Loro sono già stati qui (anche se non si direbbe!) e si fermano una sola notte per poi partire verso sud, decidiamo di prendere una stanza insieme e pagare un pò meno.
Ottimo.
La città è facilmente comprensibile, se non fosse per quello schizzato di Damien che vuole percorrerla interamente in 3 ore, alle 7 del mattino è già in piedi e si spara 6 uova per colazione, è di Melbourne madre calabrese fisico da wrestler e testa da Gonzales, speedy, non sta fermo un attimo, saranno le proteine credo.
Tsubasa invece è pigro come un brodo la domenica mattina, fa yoga, scrive musica e non ci pensa a tornare a casa, la vita che faceva non gli piace sono ormai due anni che tenta di evitarla.
È stato anche in meditazione per 6 mesi ad Okinawa, gli ho detto se conosceva Miaghi ma…no, dice che uso le bacchette meglio di lui e non sa nemmeno chi è Hurricane Polimar…l’ho detto che è un giapponese atipico.
Loro abbandonano la città ed io cerco una dimora economica, non facile.
Vago nella caldazza più assoluta e mi imbatto nel backpackers hostel di Hanoi, quello con la mucca con i ray ban.
Non mi piace lo percepisco immediatamente ma i 4 dollari a notte con wi fi e breakfast mi fanno cedere, d’altronde ovunque non chiedono meno 6/7 dollari.
Giro per la città alla scoperta dei pochi luoghi d interesse turistico, il tutto dura mezza giornata, il resto è fusione con i locali tra micro sgabelli, grigliate rasoterra, ristoranti improvvisati ovunque, la nutrita presenza di mezzi a due ruote e la “bia”.
Dalle 4 del pomeriggio in poi ogni microscopico sgabello è trono del micro maschio vietnamita, tra amici, tofu, hot pot, sigarette e sgranocchi vari, il tutto annaffiato con birra pseudo alla spina, cioè, fusto capovolto con installazione di un rubinetto o tubo e blocco di ghiaccio sulla “testa” in modo da garantire un minimo di freschezza.
Passano così ogni giorno, ogni serata fino alle 20/21 massimo, quando tutto sbaracca.
Ma senza allarmismi, la bia fa al massimo 1,5 gradi, per avere l’effetto di una ceres servono 9 boccali, impossibile….
Rientro all’ostello nel tardo pomeriggio e…mi accorgo delle presenze; 80% dei residenti: ragazzo/a tra i 19 e i 25 anni, bermuda, magliettina e infradito Lui, minigonna o vestitino di cotone scandaloso e infradito o scarpe tipo schiava Lei... occhiali Versace o simili, birra, I-Phone alla mano, Laptop sul tavolino e birra, happy hours dalle 18 alle 22 sul terrazzo, musica occidentale a palla (dalla mattina alla sera), yeah ogni 5 minuti fomentati dal ragazzo/padrone dell’ostello, birra.
Cena ristorante occidentale accanto all'ostello, ritorno in branda sostenuto/a da compagni anch'essi in chiaro stato di deflagrazione mentale causata da eccesso di liquidi alcolici o…..collassata collettiva nel cesso della stanza, il bagno di tutti!
Ben arrivato.
Il giorno dopo cambio immediatamente luogo e spendo due dollari in più a notte in un mini hotel con piccolo dormitorio, non ce la posso fare.
Non so perché ma rimango 6 giorni ad Hanoi, giro tutto il giorno e la sera tento di riorganizzare le poche cose scritte ed aggiornare il blog, non ho fretta e poi la città mi piace specialmente quando mi perdo nella zona sotto il ponte, è come un hutong, è la parte più popolare della città credo, nessun cartello occidentale tanto meno negozi e nessuno parla inglese, però c’è sempre qualcuno che incuriosito ti ferma e scambia due parole con te, un anziano mi ha anche invitato nel salone di casa (sulla strada praticamente), per vedere insieme la replica di Roma-Inter giocata la sera prima, ovviamente con una bella fumata con quel curioso e inquietante strumento di legno.... malati, per il calcio sono assolutamente peggio di noi, per il calcio eh…
p.s.: il primo sorso di vino dopo 5 mesi, dalla Spagna, basso costo però...
Andrea, Hanoi
Belli i tuoi post, scorrono via leggeri.
RispondiEliminaCon molta invidia,
..pauli
...leggeri come la vita....magari!!!
RispondiEliminagrazie cmq ma senza invidia, davvero non ce ne e' bisogno...c'ho fameeee :-)
..pauli?????
si si, pauli è il mio nome friulano.
RispondiEliminamandi
pauli
Belle le foto del Vietnam.....poi quell'ampli (sonic frontier) con quelle valvolozze dovrebbe suonare niente male......
RispondiEliminaA presto, un abbraccio, Nic.
chissà perchè ho fatto una foto su quei "piroli" de vetro inutili...volevo un parere porco...
RispondiEliminaciao ciccioooooooooooooooooooo
;-)