"Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché.
I loro desideri hanno le forme delle nuvole."

Charles Baudelaire

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sabato 27 febbraio 2010

La terra dei giganti

Osservo i picchi attraverso gli occhi di un bimbo, come camini ogni tanto qualche “sbuffo”.
Il vento soffia sulle vette formando piccole nuvole che poco a poco ricoprono il tutto, una immensa soffice nuvola bianca li avvolge durante il giorno disegnando tutte quelle immagini che la fantasia riesce a trasformare in stupore.
Muovendosi li restituisce per pochi istanti per poi stringerli a se ancora una volta, e così via...
Mentre il sole scende lento per il meritato riposo quotidiano li restituisce limpidi, nitidi, illuminati solo da quei caldi e tenui colori che solo il tramonto sa donare.
Eccoli lì di nuovo, maestosi, placidi, meravigliosi,  altro dipinto perfetto di quella instancabile artista che è madre natura.
Sul lago, sempre immobile e onnipresente nella vita dei più, si specchia il tutto, compresi quei birbanti che con i loro marchingegni, atti a soddisfare ogni desiderio dei propri simili, si lanciano dalla collina di fronte, Sarangkot,  appaiono nel cielo come tanti piccoli strani uccelli colorati, fortuna che a far capire chi sono i padroni di quello spazio ci sono loro, le regine dei cieli, le aquile, che li seguono e gli volano accanto,  per assicurarsi che quei strani volatili non cadano forse o spinti da qualche incomprensibile curiosità …
Beh, ad ogni modo tutto è un delizioso ornamento che come sfondo a sempre loro, unici e incontrastati, i giganti.
Nei primi 3 giorni il tutto ha letteralmente rapito il mio tempo.
Ripreso, mi sono informato sulla possibilità di fare trekking per apprezzare maggiormente questi luoghi e le persone.
Il tutto è abbastanza fuori dalla mia portata, anche per via di quel minimo di ”attrezzatura” che comunque devi avere, vero è che a Pokhara la primavera mi ha sorpreso, il giorno maglietta la sera felpetta, ma dai 2000 mt in su non è esattamente così magnanima, poi il permesso per camminare, si, si paga anche questo, una eventuale guida (anche se la fantastica famiglia del mio hotellino mi avrebbe dato talmente tante info che potevo farlo a occhi chiusi) e per finire, informandomi bene da diverse persone, il tutto ha preso anche li su una piega vagamente turisticoide, aimè trovi la pizza economica ma il dal bat nepalese alle stelle…(riso, lenticchia e verdurine) mah...alla fine anche per un altro piccolo motivo che mi porto da un mese, ho deciso di non farlo.
Mi è costata non poco questa decisione ma sono felice comunque.
Ad ogni modo mi sono concesso una due giorni di moto, a dire il vero ho scelto il paese sbagliato viste le condizioni a dir poco criminali delle strade nepalesi, si rischia di la vita seriamente, è pericoloso non solo per come guidano e per giunta a sinistra, ma per le buche meteoritiche, l’asfalto da trekking, la terra e la polvere a coprire le strade, animali, bambini, yeti…infernale.
Erano anni che non lo facevo, un’altra delle cose che ho sempre amato ma che per i motivi più diversi non vissuto per troppo tempo.

Nelle mie gite tra moto e bici purtroppo il tempo non è stato dalla mia parte, non per il freddo quasi inesistente, ma per la foschia che per i restanti 5 giorni ha coperto sempre le vette, alla fine è stato meglio non fare trekking…però il girovagare tra la città vecchia e i villaggi della vallata ha ripagato la mia voglia di scoperta, certo, nella bat cave a momenti rimanevo incastrato tra le risa dei micro nepalesi e le rocce ma alla fine sono riuscito a strisciare fuori, ho temuto davvero il peggio, santi kg persi…J.
Sazio di panorami senza eguali ho deciso per la prima volta di andare a visitare un parco nazionale, in India ne ho sfiorati parecchi, ma un po’ per i prezzi, un po’ per l’assedio turistico, ho sempre desistito.
Ma qui a due passi c’è il Royal Chitwan National Park, il meglio del wildlife,  nonostante queste cose irritano il mio sesto senso, ho deciso di andarci.
Il padrone dell’hotel mi ha prenotato il bus, ovviamente prezzo nepaly, ormai ce l’ho scritto in fronte…alle 7 si parte, bus turistico anche stavolta ma più rustico…
dopo pochi km conosco due coppie di francesi in vacanza per sei mesi, Jeff  & Julie e Thibaut & Charlotte, tutti lavoranti in quel di Paris hanno deciso di prendersi alcuni mesi per viaggiare; provenienti dai 4 punti cardinali della Francia si sono incontrati in India e da li  hanno deciso di continuare il viaggio insieme, davvero simpatici e carini.
Il viaggio è filato liscio e stavolta trascorso meritatamente sul tetto del bus fino a Saurah, folle, 5 ore di viaggio tra gli zaini e il “portapacchi”, bellissimo, ma non per alcune parti del mio corpo.
Siamo arrivati in una nuvola di polvere sulla riva della cittadina, davanti il National Park.
Tutto ovviamente è bungalow e resort, ma grazie alle indicazioni della famiglia pokharese ho trovato dimora in un bellissimo posto, l’unico con prezzo popolare, svolta.
Col quartetto francese ci siamo inaspettatamente trovati grazie anche alla reciproca passione culinaria, specialmente per la loro devozione riguardo quella italica, anche troppo a dire il vero mangiano quasi sempre italiano ovunque e davanti a me che non faccio altro che rompere le scatole ogni qual volta portano pizza con tonno o carbonara in crema di formaggio di yak, ma ormai sopportano tutte le mie facce contrariate!!!
Insieme abbiamo deciso di fare l’esperienza into the wild nel parco, 10 ore e 25 km di walking dentro la foresta ai confini della sopportazione umana, massacrante, ma soprattutto deludente, abbiamo visto si alcuni animali in assoluta cattività e la straordinaria biodiversità del parco (nulla da dire, bello), ma non tigri e rinoceronti, fiore all'occhiello del luogo.

Alla fine della giornata, un po’ delusi oltre che provati, abbiamo deciso di berci una birretta al tramonto sulla riva, nel loro resort in mezzo alla natura…ad un certo punto siamo stati avvolti da una piacevole fragranza, essendo primavera ed in mezzo ad una rigogliosa vastità di piante è semplice rimanere avvolti dai mille profumi ma…uno era particolarmente intenso oltre che gradevole, ci siamo incuriositi e…poco dopo resi conto che eravamo sommersi da piante di marijuana, che qui in Nepal cresce libera e felice come l'erba medica.
Finalmente ho capito da dove proviene questa sèreeeénità e cordialità tipica degli abitanti del luogo, hai capito sti nepalesi…J
L’indomani ho deciso di ripartire per Kathmandu, troppo fiction questo posto per me, ma proprio il giorno dopo, sul bus, il primo vero incontro con la natura selvaggia…la zecca.
Il simpatico artropode beato si sparava una pera nel mio braccio destro, lui, fortuna che Thibaut il giorno prima dopo l’ammazzata forestale aveva raccontato proprio di una sua esperienza con i “simpaticoni”  durante una gita in un parco, altrimenti mi sarei fatto prendere dal panico, ma alla fine una volta arrivato in albergo mi sono chiuso in camera e armato di pinzette, ago e disinfettante (giornata amara va), ne ho “rilevate” altre tre dalla mia accogliente ventrazza, intenditrici… 
Non mi resta che aspettare qualche settimana con la speranza che gli unici Lyme che incontrerò siano quelli delle caipirinhe con l’ombrellino in Thailandia, SPERO!!!

p.s.: purtroppo dopo più di 4 mila scatti e "qualche" km , la mia compagana di impressioni ha deciso di separarsi da me, inizialmente qualche capriccio poi ha accolto in se parte delle polveri di viaggio, che a me sono apparse sin'ora come di stelle, ma lei, attraverso il suo occhio non le vede così, cioè le vede e le imprime....sugh!
Dovrà aspettare ancora un po’ prima di lascirami, cioè, ci conto L.

Andrea, Saurah - Kathmandu

sabato 20 febbraio 2010

Ai piedi del lago


Grazie allo zelante lavoro dei miei assoluti pomeriggi kathmanduesi sono riuscito a prenotare un posto sul bus per Pokhara, a dire il vero me lo ha prenotato Saroj, è la sua città, ma per vivere si è dovuto trasferire a Kat nell’ipocrita thamel,  ai margini per l’esattezza, ha una piccola attività di bevande.
Ragazzo preciso, senza vizi, con in testa chiari progetti per l’immediato futuro, ma ahimè amareggiato nei confronti del governo nell’attuale presente, per via della povertà che la maggior parte dei nepalesi è costretta a vivere mentre loro ingrassano beati…tutto il mo mondo è paese, anzi, i porci di tutti i paesi ingrassano alle spalle dei più!!!
A dire il vero ho tentato di dirgli che io viaggio solitamente sui mezzi pubblici e che sono economicamente “magro”, ma lui ha chiamato e ha prenotato il bus turistico (chiamiamolo così, unica differenza no posti in piedi e divieto di tetto), quello che prende lui le due volte l’anno che torna a casa e alla stessa tariffa, nepalese,  grande.
Alle 7 siamo partiti per la traversata Kathmandu-Pokhara, 200 km, 8 ore di viaggio.
All’interno nepalesi e alcuni stranieri tra cui Gonzalo, Ignazio e la comitiva argentina con cui ho fatto volontariato a Calcutta, sempre più piccolo il mondo…mah.
Sono bastati pochi minuti per capire come mai ci vogliono 8 ore per coprire i 200 km, la strada è stretta, un continuo  sali scendi, curve, camion e bus, tra colline, montagne, attraverso gole e panorami mozzafiato, quasi come quando si incrociano due mezzi nello stesso angolo, curva, sopravvissuti…
Il percorso è davvero splendido, sulla destra come sfondo la catena Himalayana, imponente, bianca, suggestiva, commovente…
A parte i bus e le auto sfracellate ai bordi della strada il tutto andava benissimo fino a quando…
Stop, tutti fermi, una coda interminabile di mezzi da una parte e dall'altra, persone spaesate in strada e tutto immobile.
Siamo usciti per indagare e dopo un km abbondante ci siamo imbattuti in un blocco stradale con ciocchi di legno e pietre confezionato da una decina di ragazzi in protesta.
Centinaia di mezzi e migliaia di persone, per due ore fermi in un piccolo paesino di passaggio fino all’arrivo dei persuasivi militari.
Io nel frattempo mi sono intrattenuto in chiacchiere con quattro simpaticoni indiani di Calcutta che mi hanno stressato per tutte e due le ore, curiosi e divertenti fino alla crisi interiore…non è semplice spiegare ad alcune culture perché uno a 35 anni decide di prendersi un po’ della propria vita e per di più senza moglie, figli e lavoro…a 35 anni????…eh.
Però parlando ci si incontra sempre anche quando le idee, le filosofie, le ragioni sono più lontane della distanza geografica tutta, ci si ritrova a capire l’altro e ad essere capiti, sostenuti, incitati a percorrere fino in fondo quello che tutti da qualunque angolo proveniamo abbiamo dentro…un sogno!
Gli ultimi 40 km li ho passati ad implorare il piccolo maoista aiuto bigliettaio del bus di farmi viaggiare sul tetto per godere a pieno dell’indescrivibile bellezza di questi luoghi, ma inutile non si può, al ritorno prendo il pubblico.
Il paesaggio è meraviglioso si attraversano piccoli villaggi, micro cittadine ed una rigogliosa vastità di natura, sembra un giardino subtropicale, ci sono cactus, banani, bambù grandi come querce, campi di riso e una vastità di piante e fiori che no so descrivere è bellissimo e lo spettacolo continuo in lontananza è struggente, emozionante...e io odio il puffo per il divieto di roof!!!
Arrivati alla stazione dei bus sono riuscito ad eludere i taxinari dicendogli che facevo parte di un gruppo organizzato e con la mappa disegnata da Saroj mi sono diretto verso il lakeside a piedi.
Sulla strada, un paio di km, ho incontrato alcuni procacciatori di guest, nell’ordine: uno spagnolo che appena gli ho detto italiano tenta di convincermi dicendo io c’ho il fumo buono, possibile che siamo considerati così bassi??? X; una ex guida nepalese ormai albergatore che conosceva il tipo spagnolo e mi diceva che non è giusto che i stranieri lavorino qui (meno d’accordo ma…), noi siamo nepalesi vieni da noi, gentile ma X; un altro ragazzo simpatico ma che lavora in un ristorante koreano, nulla;  un procacciatore di guest for volunteer (aho!?!?!), si qui è pieno di progetti per bimbi orfani, poveri e lo sviluppo del lavoro artigianale femminile.
A dire il vero mi sono fatto coinvolgere inizialmente dal tipo dei bimbi che mi ha spiegato un po’ la questione.
Loro hanno una casa, si occupano dei bimbi che hanno centri in giro per le colline, invece che andare in albergo puoi dormire da loro in una stanza e quando vuoi trascorri il tempo con i bimbi, giocandoci ect,…però non mi ha dato molta fiducia quindi ho preso tempo per riflettere, sono arrivato da mezz’ora…
Li vicino ho incontrato il gestore della mia futura dimora a cui prima ho chiesto info riguardo la questione dei bimbi e mi ha un po’ illuminato in merito.
Tutto giusto e ok però per stare da loro in pratica devi fare le attività descritte e alla fine della permanenza ti chiedono una “donazione” che prevede l’alloggio, l’eventuale vitto e le attività con i bimbi…non è che gli importa quello che puoi dare ai ragazzi quanto ciò che puoi “dare”.
Per carità giusto ma un po’ diverso dalla mia idea di volontariato, quindi ho deciso di alloggiare nel mio piccolo e grazioso hotel gestito da una simpatica famiglia nepalese, lui ex guida turistica finalmente si è aperto questo grazioso hotel da due mesi, bellino davvero e vale il “biglietto” solo per la vista quotidiana dello splendido Machapuchre e i vari ”Annapurni”.
Sono in una splendida camera singola con bagno, nuova e pulitissima (ci sono anche gli asciugamani, niente pelle di daino per un po’…), certo ho rinunciato alla vista lago ma per 300 rp svegliarsi il mattino e fare colazione davanti a questa scultura divina è….eh.
Il lago dista 100 metri ed è bellissimo anch’esso, devo dire che tutta la valle di Pokhara è splendida, unico neo, per me ovviamente vista la quantità di turisti che ci sguazzano felici, è il viale principale il lungo lago, centro western adibito al pascolo dello straniero,  tutto è shopping, north fake, trek qui, li, su, sotto, money change, internet point, ristoranti, real pizza, real caffè, real fegato d’anatra bulimica alla cottolenga e tutti i real del pianeta…mi sento in un reality.
La solita catastrofe "umanologica" creata dal turismo in più per la prima volta da quando sono partito c’è anche un cartello che delimita la zona…terribile.
Ma nonostante tutto la cittadina è gradevole, tranquilla e romantica, poetica per certi versi, tutto intorno colline e montagne, verde quiete e belle persone, adoro i nepalesi, deliziosa.
Come da copione di viaggio io mi sparo diversi km al giorno per andare nella Pokhara fuori dal lago, faticoso devo dire ma mangiare real buonissimo nepalese da 25 a 50 rupie a pasto tra locali, curiosità, cordialità e risate ripaga alla grande le distanze.
Girare i vari luoghi è piuttosto impegnativo ci sono parecchi km da fare, certo se non hai uno sherpa che ti porta il marsupio o la guida per fare 100 metri, incredibile vedere ragazzi anche più giovani di me “vivere” i luoghi in questo modo, assurdo!
Ad esempio per raggiungere la World Peace Pagoda nella collina di fronte ci sono diverse “strade”, la più breve consiste nell’attraversare la foresta 1 km circa di sentiero salendo dalla parte del lago, ma ovviamente io mi sono perso aggirando il lago e tutta la collina fino al villaggio tibetano di Tashi Ling, uno dei due a Pokhara.
Bello e curato anche se…
In se e negli sguardi della persone c’è qualcosa di malinconico, senza bisogno di parlare si percepisce facilmente, chiaramente attraverso i loro visi, le profonde rughe, i loro densi occhi.
Malinconici, stanchi e rassegnati pur nella normalità della vita che conducono.
Esiliati!!!
Ingiusto, ma chi ha mai fatto qualcosa?
Nessuno, tutti i “potenti” sanno solo posare con “Il” in ogni angolo del mondo, più di mezzo secolo di ipocrisie.
Un simpatico signore mi ha anche fermato per scambiare due battute, poche semplici parole, ma non so perché mi hanno fatto riflettere ed emozionare in maniera molto profonda, non riguardo alla situazione, ma solo sull'essere umani…ha “toccato” la mia giornata.
Per raggiungere la peace pagoda mi sono inerpicato in una strada sterrata dietro indicazione di alcuni bambostri del luogo, attraversando casette solitarie e famiglie molto semplici.
Arrivato in cima dopo un iniziale svenimento mi sono ripreso grazie alla splendida vista che si ha della città e del lago con alle spalle quell’immenso lavoro che solo la natura sa creare.
Straordinario.
Ormai passo le giornate ad osservare il tutto con estremo stupore, sempre con gli occhi aperti, spesso in quella direzione, spesso in molte altre direzioni, tante rassicuranti direzioni…

Andrea Pokhara

p.s.: sento Fossati da un mese, devo preoccuparmi?

sabato 13 febbraio 2010

L'essere intruso


Kathmandu ormai non ha più segreti, giro come un pazzo tutto il giorno e ormai nessuno mi chiede o offre più cose strane, passo i giorni a chiacchierare con i negozianti che non fanno che darmi info, consigli e aimè parole di realtà quotidiana, del re, del governo e dello strapotere dell’India…beh, ne parlerò magari.
In più non fann0 che offrirmi the (ma dopo tre mesi un bicchiere di bianco no è ????), sto diventando una teiera, anche perché vero che non mangio cibo di casa da quando sono partito, ma qui è tutto un chowmin, tipo di spaghetti ripassati su piastra con verdure o carne,  momo, tipo ravioli di carne o verdura ma cotti al vapore o fritti con salse assassine (ho la ricetta!!!), thupka, zuppa di verdure con chowmin o momo, Dhal, riso con verdure salse ect…  quindi il carboidrato è onnipresente.
Il tutto naturalmente a costi irrisori dai miei ristoratori di fiducia che non fanno che ingozzarmi o dalla signora dell’internt point che credo voglia adottarmi… insomma, mi sono inserito và.
Anche qui le persone sono incredibilmente socievoli e gentili come durante tutto il cammino fatto sin’ora, tre mesi son passati ormai, illuminanti e rassicuranti per certi versi, il mondo e la maggioranza dei residenti almeno non è così male, tutt’altro…
Sono anche andato alla scoperta della montagnella vicino alla città,  2200 mt circa, sotto lo Shivapuri National Prak (mi toccherà pagare un biglietto prima o poi, ma i prezzi sono allucinanti se confrontati con la vita quotidiana…), di sabato giorno off per molti abitanti che che si riversano nella valle per le scampagnate, ma io avevo voglia di solitudine di un luogo amico dopo lo smog cittadino.
Ovviamente sono partito con il bus pubblico, culla della civiltà, purtroppo come in India i bus sono fatti a dimensione lillipuffo e non avendo acquistato il biglietto prima mi sono ritrovato nel corridoio sopra sacchi di non si sa cosa, piegato in due per l’altezza microba del veicolo, per un’ora fino a Kakani tra la solita piacevole curiosità delle persone.
Il bus ti lascia ad un incrocio da cui puoi percorrere alcuni sentieri e raggiungere la cima, chi con moto, auto, bici o piedi…naturalmente io sono dotato solo degli ultimi.
Dovevo venire qui con Depeendra e famiglia ma il giorno prima c’è stato un lutto e nonostante lui volesse accompagnarmi comunque, visto che è in mezzo ad una foresta e senza indicazioni, ho deciso di venirci da solo.
Naturalmente il mio sesto senso sfigato mi ha fatto abbandonare la via asfaltata per portarmi dall’altra parte della cima dopo due ore e mezzo di cammino tra terrazze agricole, qualche montana abitazione e ruscelli da attraversare con la liana…però mi sono imbattuto in simpatiche famiglie, bufali di montagna  e bimbi curiosi, bello, un po’ inc….onia ma bello!

Alla fine sono arrivato ai verdi prati terrazzati da pic nic con gruppi di ragazzi e famiglie, senza fiato e con le ginocchia ormai da buttare…i pic nic nepalesi non sono proprio come i nostri, tutto è musica e tavolate, cioè non si tratta del solito pranzo al sacco ma di un sacco di bombole, pentoloni industriali, tavolate e cibo a profusione, una specie di multi ristorazione su 1000 mq di montagna sorprendente, anzi illuminante…un po’ come macchia da sole dei bei tempi, quasi familiare (miiiii macchia da sole….).
Dopo un breve riposino mi sono rimesso in cammino per tornare indietro, dall’altra parte del monte, mi sono fermato ad una locanda mentre scendevo tra semplici casupole e campi coltivati, odori che mi ricordavano quelli di casa, dei monti di casa, pensieri intimi e risate solitarie, militari e caserme, altra cosa curiosa in un paese così pacifico e tranquillo, per via dei maoisti purtroppo…arrivato dopo 5 ore al punto di partenza becco il primo bus che scende ed ovviamente è pieno, se vuoi vai su!
Ok, salgo sul tetto del bus con una 15ina di ragazzi, sacchi di riso e capre.
Appena mi hanno visto sono rimasti sbalorditi ed io sorridendo mi sono appollaiato tra la ruota di scorta del bus e le pecore, che giustamente impazzivano per via della velocità, delle curve, delle frenate, dei sobbalzi e dei strapiombi (loro), mi sono messo con il padrone a quietarle e questo ha scatenato la solita quantità di sguardi increduli  e sinceri dei passengers on the roff.
Da quei stessi occhi abituati a vedere uno straniero solo dal basso, dai finestrini del bus con a/c che solitamente li porta a spasso dall’albergo al luogo definito senza quasi mai sfiorare il paese che vanno a visitare, quel vetro che è come una barriera, un confine tra chi è sotto e chi è sopra.
Quante volte ci si trova a vedere i paesi che si visitano dall’alto di un bus? parlottando, commentando, sorridendo con qualche battuta, mai ci si chiede cosa pensano quelli che sono sotto e che vedono i stranieri con fotocamere, commenti sordi e sorrisi?
Beh, dall’alto del mio bus mi sono ammazzato di risate, chiacchierato con le poche parole di inglese che conoscevano, conosciuto tutti, schivato rami e fili elettrici, ricoperto di sorrisi e battute, saluti, come dai bus che incrociavamo anch’essi carichi di clienti sul tetto che non appena mi vedevano cominciavano a sorridere e salutare, credo non avessero mai visto un occidentale schiamazzare sul tetto di un bus per Kakani…è stato divertente, bellissimo e pregno di “comune” significato, i loro sguardi erano diversi dall’alto del loro bus, del “nostro” bus...

Andrea, Kathmandu

martedì 9 febbraio 2010

C’era una volta Kathmandu


Kathmandu, sei anni dopo…
Sei anni sono passati da quando non facevo che parlare del Nepal sognandone gli spazi.
La voglia del paese più alto del mondo, di aria, di quiete, di solitudine, di mistiche presenze, di Shangrila.
Sei anni sono passati come un treno, carico di amore, nuove amicizie, lacrime e sorrisi, gioie immense e dolorose malinconie, sei anni in cui ho riacquistato il sorriso e la speranza dopo periodi di profondo dolore e solitaria tristezza, sei anni di vita, nel bene e nel male...



Mi riprendo dalla due giorni ai confini dell’aldilà verso le 14 e cerco di capire dove sono.
La guest dove sono alloggiato mi è stata straconsigliata da Hanan, ragazzo israeliano della combriccola di Sutter e da Kim, il curioso giornalista tedesco che il giorno della partenza mi è piombato in camera per salutarmi, assicurarsi che venissi qui, dirmi di stare attento per il mio viaggio (anche i tedeschi hanno un cuore) e per confessarmi che sta maturando l’idea di trasferirsi definitivamente in India, Varanasi per l’esattezza, ha deciso di avviare un business di gioielli insieme alla sua donna indiana, vuole sposarsi (l’ho appena detto), c’ha messo due settimane a parlare ma…ci si può sempre riprendere dall’albo.
Non l’ho mai fatto fin ora ma la guest in questione lo merita, è la Yellow House, non figura nelle guide ed è appena fuori dal girone Thamel  incubo di ogni viaggiatore, è situata in una tranquilla collinetta isolata e ben curata gestita da una coppia svizzero nepalese.
È davvero molto carina, io sono nella camera più economica ovviamente, doppia, semplice, pulita e  con un grande bagno in comune con altre due stanze, discreto.
La tariffa è 300 rupie per notte, le altre camere naturalmente sono con bagno ect, e  costano dalle 400 alle 500 rupie, nulla.
Lo dico perché è la prima volta che pago una cifra così modesta per un ambiente del genere, in più i gestori e lo staff di ragazzi nepalesi sono disponibilissimi, simpatici e cordiali, merita alcune righe specialmente per chi conosce questa città.
Questa città…
Beh non me l’aspettavo così, in questi primi giorni ho girato in lungo e in largo a piedi e con mezzi pubblici (da panico) e mi piace molto però...in questo momento, spero per via della stupidità del solito governo, sta andando seriamente in malora.
In giro ci sono montagne di rifiuti lasciati li per via dei continui strike, la corrente c’è solo per poche ore al giorno, anche l’acqua è un problema (SIAMO NEL PAESE DELLE MONTAGNE, ora non sono un esperto ma…Stefano puoi intervenire?), ma la cosa davvero tremenda è l’inquinamento, nonostante non ci sia tutto questo gran numero di macchine tra polvere, generatori e scarichi di 1000 anni fa è come vivere con una nuvola che ti segue sulla testa, ti senti come Pig Pen amichetto di Linus;  Thamel rappresenta tutto ciò che non si desidera pensando al Nepal, un’educata smodata accozzaglia di negozi, ristoranti di tutto il mondo, bar con spogliarelli, centri massaggi di dubbia massaggiatura e locali superturistici in tutte le salse, con ai margini squallidi personaggi che ogni secondo non fanno che domandarti cosa ti serve o quale tipo di sballo desideri, il tutto condito con ragazzini che girano respirando diluenti (quello del bianchetto per capirci) da sacchetti di plastica e che barcollando ti chiedono soldi  o cercano di venderti ogni tipo di sostanza, e parlo delle 20;30 quando torno in hotel…così come l’illusionistica Freak Street, proprio attaccata a Durbar Square,  un tempo viale hippie e di tendenza ora…mah.
Ancora una volta l’altro lato del turismo, la contaminazione occidentale in un contesto che non lo riguarda, l’inappropriato dove non serve…
Fortunatamente non rappresentano tutta la città, ovvio, appena al di fuori in ogni via scopri piccoli tesori, 
Stupa o templi, angoli deliziosi e piazzette nascoste all’interno di sicuri palazzi, dove le famiglie si occupano del quotidiano e i bimbi giocano sorridenti, vanno a scuola e la vita procede semplice e normale.
Immediatamente mi sono dedicato all’altra “città” anche perché la zona di Thamel è davvero costosa (per il viaggio che sto facendo io naturalmente), non sono qui per 2 settimane e via.
E infatti basta guardarsi attorno buttare l’occhio un po’ più in là e si comincia a ragionare, a 3/5/10 minuti dall’inferno.
Pasti, internet, negozi, tutto a meno della metà, un terzo, e soprattutto nepalesi, tibetani, umani.
l’altra cosa sgradevole che purtroppo devo dire è la stessa riscontrata in India, la differenza di prezzo per la visita dei monumenti e quant'altro.
Ad oggi ne ho pagato uno, la Stupa di Swayambhunath, ero con due malesi indù mentre salivo la scalinata everstiana tra scimmie e infarti multipli e l’omino mi ha chiamato per pagare, i due si sono indignati e non so cosa gli hanno detto, si sono scusati per lui..due malesi!
Così come  Durbar Square, c’è un baracchino in mezzo con una tipa e un militare che chiamano i turisti per pagare, il primo giorno non l’ho nemmeno visto e sono stato in giro tutta la mattina a fare foto senza che nessuno mi chiedesse nulla, ma un giorno mentre attraversavo per andare al mio cheap internet point (15 rupie invece di 100!) mi hanno chiamato tentando di farmi pagare il transito, non me li sono proprio filati, nemmeno il militare, è inaccettabile non pago e da li ogni giorno passo faccio il giro di tutta la piazza e fotografo tutto, sempre le stesse cose tutti i giorni!
Idem per tutti gli altri, alla mega Stupa a Boudha paesino buddista incastonato in mezzo ad un polveroso quartiere, ho pagato l’ingresso ma era irrisorio, poi una volta nel monastero sono stato in giro con un monaco simpatico che mi ha fatto assistere ad un mantra per una coppia in crisi, fatto visitare il monastero durante l’ora di chiusura e offerto cibo, parlottando mi ha fatto notare le entrate “pubbliche” ai lati di quella principale dove nessuno ti fa pagare, quando vuoi tornare passa da lì (prima no è…), mattacchione!

Da li ogni volta che vado a visitare qualche luogo ispeziono la zona e trovo il pertugio o mi invento qualcosa per non pagare (come a Patan dove ho raccattato l’adesivo di un gruppo turistico con cui ho girato indisturbato risparmiando 250 rp!!!), non per cattiveria o furbizia ma sono tutte piazze pubbliche, con macchine, gente, luoghi di passaggio per raggiungere la stazione dei bus, la posta, l’ospedale e ogni volta dovrei pagare 200/300 rupie??? no no non avete capito proprio, è come far pagare ad ogni turista il tratto da piazza del popolo al Colosseo, ogni incrocio o numero civico, folle e ingiusto quindi…non pago!
Oltre che alla scoperta della città e dei suoi splendidi tesori, molti devo dire, questi giorni mi sono messo anche alla ricerca della verità riguardo al mio futuro attraversamento del Tibet via terra, la mia attuale preoccupazione (fossero tutte così eh…lo so).
Cosa che mi sta consumando il fegato 1° perché so che il governo cinese ha imposto la visita a modo suo, 2° perché non trovo nessun figlio del nulla che mi da alternative anche fuori legge e non parlo di agenzie sia chiaro, in questi giorni ho conosciuto e stressato più residenti che in tutto il viaggio, non ci posso pensare che nel 2010 uno non può fare due passi a Lhasa, prendere il treno e andarsene in Cina senza metodi da gestapo e tariffe obbligate, già arrivarci passando per i 5000 mt  e rotti è impresa ardua…!
Proprio mentre stressavo la città mi sono imbattuto in un cartello del governo, Tourist development e hotel menagment….(io ho letto solo touris…), non è un tour operator magari mi da info diverse.
Salgo e mi trovo davanti due stanze, in una un cucina tipo ristorante, gnam, nell’altra una scrivania con una ragazza e un divano con tre ragazzi che chiacchierano e mi fanno cenno di sedermi, vabbè staranno aspettando il turno penso io.
Uno dei ragazzi che leggeva il giornale mi comincia a fare le solite domande, di dove sono che faccio, che cerco, gli spiego la cosa e lui mi dice che è impossibile, si può fare solo in gruppo,  vabbè ma te che ne sai?
Continuiamo a parlottare e mi dice che l’ufficio che pensavo in realtà è la scuola alberghiera, ramo cucina…certo ci potevo arrivare…le info turistiche le dovrebbe dare la ragazza dietro la scrivania ma parla solo venusiano a gesti e fuori dai pasti.
Ok allora gli chiedo se mi possono insegnare almeno a cucinare qualche piatto nepalese visto che ormai sono qui, tra le risa degli altri lui mi dice no no è una scuola e poi costa poco qui il cibo, io gli faccio notare che siamo vicino Thamel e i prezzi non sono proprio amici, ma lui no guarda se vuoi te ne dico decine, ok , ma ora? si hai da fare? non trovo info almeno dimmi dove posso trovare cibo vero ed economico, seriamente? sul cibo non scherzo mai, sono italiano, ok andiamo.
Insomma sono stato con lui tutta la mattina in giro per Kathmandu in moto, mi ha portato a conoscere tutti i suoi amici, il college dove studia, il gioielliere sfigato, il capo partito comunista del distretto in conflitto con il governo, tutti i rioni nepalesi e tibetani, offerto tutti i the in tutti i posti dove ci siamo fermati e indicato tutti gli artigiani delle specialità culinarie, alla fine mi stava portando a conoscere la famiglia, ma oltre al fatto che mi sembra presto e non ci conosciamo abbastanza, alle due ho appuntamento con Deependra devo declinare, alla fine ci siamo scambiati i recapiti e io ho un nuovo amico nepalese da stressare J.

È bella la spontaneità tra esseri umani e non è così difficile come credevo fino a qualche mese fa…si respira davvero quando si è liberi semplicemente di farlo.

Andrea, Kathmandu

lunedì 8 febbraio 2010

domenica 7 febbraio 2010

Volontariato a Calcutta

Per chiunque fosse interessato ad avere maggiori informazioni riguardo Calcutta, o volontariato presso le case di Madre Teresa, puo' contattarmi in privato via mail.

Andrea

mercoledì 3 febbraio 2010

Il treno dei desideri…Hare Krsna!



Proprio quando non te lo aspetti, proprio quando segui la tua rotta c’è sempre qualcosa che rapisce la tua attenzione portandoti chilometri lontano, ma con grande stupore ti accorgi che alla fine hai fatto solo pochi centimetri di deviazione che ti lasciano migliaia di direzioni, emozioni...e con un sorriso appena accennato guardi in alto e dici, grazie.

Lasciare l’India mi costa non poco, ho preso il treno alle 15;45 stranamente in orario e con la mia branda prenotata, troppo perfetto.
Questa volta ho passato il tempo con Andrea nonostante un gentilissimo signore abbia tentato di comunicare con me avevo voglia di ripercorrere quel poco che la mia mente bacata immagazzina con il supporto di quel cataclisma emozionale che mi ha travolto da ogni parte.
Il viaggio è filato tranquillo fino all’ora di cena quando i maledetti del treno ristorante, che solitamente urlano insieme alla marea umana di venditori di qualunque cosa e elemosinatori di vario tipo che salgono e scendono in tutte le migliaia di fermate che fanno questi treni, hanno deciso di non farsi vivi, fortuna che avevo comprato dei biscotti, tristezza... verso le 22 quando si spengono le luci e pian piano ci si ritrova dolcemente tra le braccia di Morfeo, il fatto!
Mentre leggevo dal mio letto mi è caduto l’occhio sul signore di fronte che dormiva beato con un'altrettanta beata blatta che gli camminava sopra…panico.
Comincio naturalmente ad osservare tutto e tutti e ovunque ci sono quelle piccole maledette che escono fuori man a mano che le luci vengono spente, il treno è infestato sono ovunque anche vicino a me e nonostante cerchi di tappare tutti i buchi con pezzi di carta, da qualche parte sbucano sempre antennine, insomma,  mi sono chiuso a sarcofago nella mia sleeping bag ma è stato inutile, come se non bastasse ogni tanto vedevo correre tra i bagagli sul pavimento dei piccoli topolini di campagna, tra l’indifferenza di tutti i presenti; poco dopo è iniziata la gara di russo, non scritto ma "c orale", a cui timidamente ho tentato di partecipare in quei pochi secondi in cui chiudevo gli occhi ma… erano troppi e troppo allenati, gente da conservatorio.
Lo so detto da me pare incredibile ma è così, nottata terribile.
Arriviamo finalmente a destinazione alle 10,30 e mi catapulto con un riscò verso il confine, il tipo mi accompagna lì davanti ma facendomi scendere sotto la strada per registrare l’uscita al customer, ma il posto è decrepito, un tavolo in mezzo ad un edificio distrutto con due tipi con un librone per le mani che mi dicono di andare da loro e nemmeno un poliziotto in giro, ma intorno ne vedo altri e come detto da molti al confine c’è sempre qualche furbo che prova a farti pagare con una scusa l’uscita dall’India.
Non mi fido e attraverso il confine a piedi in mezzo a tir, risciò e carretti trainati dagli asini mentre il riscioaro mi insegue urlandomi qualcosa, io tiro dritto, no no dimenticami!
Arrivo nella parte  nepalese e vado alla capanna per il visto, si una specie di casupola cilindrica di 10 metri quadri con dei militari vicino, entro, mi fanno accomodare e subito mi chiedono come mai non ho il timbro di uscita dal’India, dho!!!
Beh, veramente, cioè in realtà…mi dicono di andare al police customer, io gli spiego la cosa e loro mi spiegano la cosa…ritorna indietro! ok.
Ritorno in “India” e mentre scendo le scale vedo la scritta police customer dietro un albero proprio sull’edificio dove ero stato prima…cretino!
Mi siedo guardando il cielo, con aria vaga diciamo, mentre i due stanno parlando con uno strano tipo che sta timbrando per entrare in Nepal, stare la notte lì e l’indomani rientrare con un altro visto di 6 mesi per l’India (quello che fanno tutti gli americani, gli europei, i talebani, tranne? gli italiani, che non possono perché il nostro caro governo ha cambiato alcune regole e l’India si è adeguata quindi dobbiamo stare fuori dal paese due mesi!!! Grazieee).
Il tipo in questione è vestito vagamente da monaco con completino arancione e infradito, chiacchiera a raffica con i due che sorridono divertiti girandosi verso di me e facendomi delle strane facce; uno dei due poliziotti (vestiti come Geppetto), il più grosso, ridendo si avvicina e poggiandomi la mano sulla spalla mi chiede dove ero finito, sei andato e ti hanno rimandato indietro eh??? Io rosso come un peperone, no veramente cercavo di cambiare i soldi, fare colazione…siiiiii sono un cretino ma tutti ti fermano dicono vieni qui, vai li…ridendo ancora di più mi stritola simpaticamente per il collo e dice hai ragione è sempre così e poi guarda che schifo di posto abbiamo al confine, chi può credere che siamo noi??? Appunto!
Mentre riempio il modulino il monaco comincia ad attaccare bottone con me, mi guarda con occhi un po’ da matto e strani sorrisi, comincia a parlare di Krsna, di verità, risposte, con incomprensibili parole sia con me che con i poliziotti, che divertiti mi  spiegavano che lo conoscono e lo vedono ogni 6 mesi da anni per la stessa trafila, mi chiede di dove sono, da dove sono venuto e come, poi mi dice allora conosci Fransis?
Chi l’amico di Frengo e stop?
No, Saint Francis, ah si si abbastanza, beh io sono come lui…bene…scusate mi timbrate per favore????
Comincia a parlare di similitudini con lui, con Krsna, della rinuncia ai beni materiali, del mondo, della salvezza degli uomini ect…il tutto condito con canti di preghiera indù insieme ai poliziotti e alla distribuzione di pezzi di biscotto che tira fuori sbriciolati da una busta di plastica, questi sono biscotti fatti con amore…no ti prego i biscotti dell’ammorre no!
I poliziotti mi dicono di mangiare tranquillo e di andare al confine con lui, come? Vai vai tranquillosi si andiamo fratello…ma c’ho fatto de male?
Quanto mi sono sentito Mimmo (bianco, rosso e...).
”Lui” ha 61 anni e si chiama Alfred, ora è diventato Akniladhara, ma sul passaporto c’è scritto Harvin (?) americano di N.Y., dopo il Vietnam (anche se le date non mi ritornano) ha capito che qualcosa nel mondo non andava (vero eh…) e la vita in questo modo è sbagliata quindi si è spogliato di tutti i beni materiali e vive vagando tra India e States parlando con i suoi simili per salvarli dal mondo di perdizione che li acceca, nel frattempo mi ammolla stuoie con coperte arrotolate e una borsa di libri (oltre ai miei zaini pieni naturalmente), e con il suo trolley mi dice seguirlo, andiamo al confine fratello, si ma un risciò? No fratello mio noi siamo viaggiatori, andiamo a piedi… Certo…sigh…ora vieni con me è il destino che ci ha fatto incontrare non è un caso sappilo…e certo che lo so, dopo la nottata che ho passato strano che non ho trovato Marzullo a farmi domande.
Non potevo dargli una ginocchiata nello stomaco e lasciarlo in terra senza fiato ricoperto dei suoi pochi averi, in fondo è simpatico e tipo davvero curioso…ma tutti io li becco?
Arriviamo di là, io per la seconda volta, e anche dalla parte nepalese è tutto un cantare, chiacchierare, sorrisi e biscotti, non ci si crede, io un po’ appanicato guardo l’ora, sono le 13 ormai e non è che da Birganj per Kathmandu ci siano bus ogni 20 minuti, ci mette dalle 8 alle 12 ore quando arrivo?
Infatti uno dei poliziotti comincia ad accelerare la questione e dire che l’ultima corsa della mattina c’è alle 14, anche perché esausto dal continuo chiacchierare e cantare del nostro amico e nonostante Alfred mi dica di stare tranquillo che non c’è fretta e che ormai stando con lui devo capire che il tempo non ha più importanza e di abbandonare tutto quello che credevo fosse…si Alfy andiamo però, ci separano ancora 5 km dalla stazione, vero hai ragione prendiamo un  risciò, ecco bravo!
Nel tragitto non sta zitto un attimo ed io fatico a comprendere in pieno quel che mi dice, non contento mi tira fuori il sacro libro di Krsna, datato 5000 anni fa (?) e comincia a leggere e spiegarmi ogni frase, pensiero, la via da seguire, mentre la nostra è tutta buche, terra, clacson e asini da schivare con il povero riscioaro che suda come uno yeti nel deserto.
Finalmente arriviamo al centro della cittadina, tipica polverosa cittadina di confine, anonima, squallida e colma di camion, macchine, moto, animali e tutto ciò che dopo 22 ore di viaggio non vorresti mai incontrare, in più la temperatura è estiva.
Tutto il mondo si svolge nell’unico incrocio, un inferno di polvere e smog irrespirabile, con bus e urlatori ovunque che caricano all’inverosimile i mezzi, naturalmente nel mezzo gli stoici venditori di cibo con i carretti.

Io tento di capire da dove e con cosa proseguire mentre Alfy mi tiene la mano e continua a parlarmi, invitandomi ad andare a vedere con i suoi occhi il meraviglioso spettacolo che il suo “guru” (credo di moltissimi) ha creato in quel di Mayapur,  l’ INTERNATIONAL SOCIETY FOR KRISHNA CONSCIOUSNESS, dove si trovano tutti suoi fratelli da ogni parte del mondo, devi venire assolutamente e capirai, tu hai qualcosa dentro lo vedo, ti aspetto li,  si Alfy, una fame che non ci vedo e un autobus che non trovo, dai  tanto prima o poi ci becchiamo, io, tu, il guru, fransis, tranquillo… ok?
Trovo il bus nel marasma generale e il tipo mi dice di sbrigarmi perché è rimasto solo un posto, anche se vedo gente appiccicata ai finestrini e alle porte, dico ad Alfy che devo andare ed è stata proprio una gran fortuna incontrarlo, e  lui vero, vai ma…e mi ammolla il libro del “guru” (di cui devo allegare foto anche a costo di azioni legali), se vuoi puoi fare una piccola donazione, lo sapevo, vabbè ciao e buona fortuna, no aspetta ripeti con me: "hare krsna, hare krsna, krsna krsna, hare hare…", urlando nell’incrocio tra una folla di curiosi accorsi per la tragicomica situazione, alla fine riesco a divincolarmi e allontanandomi lo saluto, mentre lui non smette di cantare,  corro verso il bus in movimento ma…è tardi, il bus si allontana senza di me.

Nel mezzo dell’incrocio ormai completamente impolverato,  rifletto **********  minimamente preoccupato per aver perso il bus penso solo alle prossime 6 ore che mi separano da quello notturno e il doverle passare con Alfy….vabbè, tanto ormai siamo fratelli, se mi sopporta il mio…mi giro per tornare da lui ma…non c’è, dileguato, eppure sono passati 60 secondi ed essendo un incrocio, l’unico, e lui vestito da omino dell’anas naif…no, niente, non lo trovo.
Un po’ mi è dispiaciuto non vederlo, in fondo era un buon diavolo…:-D.
Mi riprendo dallo shock e contratto con le decine di agenzie, ne trovo uno per le 19 con un “manager” grande estimatore dell’Italia (che mi fa lo sconto e mi cambia un po’ di rupie con un tasso migliore), mi mostra con orgoglio un moneta da 100 lire e con la faccia della speranza, e la bavetta, mi chiede quanto possano valere, ½ rupia indiana dico io, però tienile sono carine, per ricordo…se gli avessi sparato gli avrei fatto meno male.
Dopo un’abbuffata di momo e chowmein dai carretti di cui sopra aspetto il mio bus che ovviamente ha un’ora di ritardo, arriva ed è stracarico, nonostante abbia prenotato il posto ed il tipo giurato che non c’era problema, l’autobus è strapieno sopra, sotto e in mezzo!
Lui comincia a dare di matto con tutto il bus ma io con una calma che non mi appartiene gli dico di smetterla e mi sistemo nel mio posto, in fondo, quello centrale con altre 6 persone ed un macchinario industriale nel mezzo del corridoio coperto da sacchi e persone sedute sopra…nemmeno in Pakistan avevo visto nulla di simile.
La famiglia alla mia destra e i tipi alla mia sinistra mi guardano silenti come tutto il bus, io li guardo, tutti, e comincio a ridere da solo come uno scemo e tutti fanno lo stesso…ma non ho capito se con me o su di me.
Il viaggio è allucinante, il marmocchio alla mia destra tenta di dormire sulla mia cassa toracica quando non finisce sotto la mia natica,  mentre gli altri tentano di guadagnare cm ma è impossibile, siamo compressi all’inverosimile, l’autista mette cd e dvd di musica e film indiani a cannone, un inferno, in più la strada è tutta buche e curve, sobbalziamo in modo indescrivibile, nessuno chiude occhio e alle 5 arriviamo a Kathmandu letteralmente distrutti.
La “stazione” dei bus, in realtà un micro parcheggio, dista 8 km da thamel, il centro, i taxi si fiondano dicendo che non c’è altro modo di raggiungerlo se non con loro, ma io dopo i due giorni trascorsi non ascolto nemmeno Satana e tiro dritto verso dei falò con delle persone vicino, non c’è illuminazione da nessuna parte e penso sia meglio aspettare lì l’alba.
Però noto dei micro van che partono continuamente per tutte le direzioni ma chiedendo nessuno mi dice che vanno a thamel, anche perché nessuno capisce una parola, però un ragazzo si avvicina dicendomi di salire con lui in uno dei van che non arrivano direttamente a thamel, però mi accompagnerà lui fino alla Guest.…sono le 5 del mattino, a Kathmandu e devo decidere ancora un volta esausto e carico se fidarmi o meno di qualcuno, un ragazzetto per giunta…andiamo va, tanto peggio di così.
Arriviamo alla fine della corsa e cominciamo a camminare, parla discretamente inglese, il primo fin ora (per esperienza mi fido poco quando è così ma…), chiacchieriamo un po’, si chiama Deependra  e lavora per l’hotel Rainforest del Chatwin Nartional Park, presso l’ufficio di Kathmndu, lo gestisce, e mi racconta del suo lavoro e del posto dove è nato.
È molto gentile e mi pare sincero, camminiamo almeno 20 minuti, sono stanchissimo ed arriviamo in una stradina completamente buia, in lontananza fuocherelli e ombre, solo il suo cellulare ad illuminare il vicolo, io non mi fido molto mi fermo e glielo dico, lui mi sorride e mi dice come vuoi, un vecchio li vicino raccoglieva dei rifiuti e gli chiedo dove porta la strada e lui mi dice thamel, da quella parte (se lo dice lui...), vabbè andiamo, dopo poco arriviamo proprio vicino all’indirizzo della Guest datami dai ragazzi di Sutter, mi accompagna fino all’entrata chiama il ragazzo che dormiva nella reception e finalmente alle 6 trovo riposo dopo due giorni.
Prima di andare via chiama l’amico che divide con lui l’appartamento e lo tranquillizza dicendo che ha fatto tardi per accompagnare un suo amico e che ora arriva, alle 8 comincia a lavorare.
Mi lascia tutti i suoi recapiti dicendomi che per qualunque cosa non devo fare altro che chiamarlo, io lo saluto davvero senza parole.
Ancora una volta, dopo tre mesi, non mi abituo alla semplicità del normale, del valore della fiducia, e rimango come un farlocco per aver dubitato di lui anche solo per un istante, come di tutti coloro che in tre mesi mi hanno fatto riscoprire qualcosa che avevo dimenticato.

Andrea, Kathmandu


lunedì 1 febbraio 2010

Difetto nel sistema viaggio



I giorni sono passati veloci a Calcutta ma pieni di vita, molte cose hanno vissuto...
L’arrivo di Jeffrey, ragazzo indiano di Chennai, neo laureato in medicina che si è concesso due settimane di vacanza premio a Calcutta solo per volontariato.
Ragazzo di un altruismo e di una dolcezza disarmanti, nato per fare il medico, non ho mai visto nessuno preoccuparsi così spontaneamente di qualcuno, non solo per la grande competenza e sicurezza che trasmette, ma anche per l’immensa umanità con cui si adopera con tutti, passa con disinvoltura dal fare cose pratiche o scherzare con noi al correre dai pazienti quando ce ne è bisogno, per poi trovarlo sorridente a pulire la cucina, parlare o giocare con qualcuno…e sempre con quel immenso rassicurante sincero sorriso sul volto, sempre.
Unico.
Ho assistito alla mensile apertura del centro per la consegna dei pacchi con generi di prima necessità alle famiglie di strada, dai 200 ai 400 pacchi ogni mese.
All’addio di Peppe, che sa di arrivederci, tra gli applausi e gli abbracci dei volontari, dei fratelli e dei ragazzi che non lo mollavano più, tutti, anche coloro che pensavo potessero non esserne consapevoli, macchè, l’unico sono io.
Alla fine le sisters gli hanno anche permesso di fare le foto in Nabo, dopo tre mesi, non facile da avere e assolutamente (giustamente) vietato mostrare pubblicamente (altro permesso); abbiamo passato la mattinata a farle insieme ai fratelli, divertiti dall’inconsueto e alla fine abbiamo pranzato con loro, giornata piena.
Prima di salutarmi Peppe mi ha lasciato 1 delle memory card con tutti e 4 i giga di foto scattate nei tre mesi chiedendomi di stamparne qualcuna per il centro…fatto!!
Grazie Peppe.
Alla domenica in cui i bimbi di strada vengono accolti la mattina per la consueta “pulizia” settimanale, doccia veloce nel giardino, con tanto di bagno anche per noi (piccole canaglie bengalesi), taglio di unghie e sistemata ai capelli, con gel e piega alla Tony Manero, impazziscono per i capelli pettinati (come  gli adulti che vivono con il pettine in tasca e il gel spontaneo dalla cute..), canti, giochi e pranzo insieme ai volontari - ovviamente la banda ispanica ad animare la torcida, ma chi ci rimane a lavorare in quel paese? – unico giorno della settimana in cui tutti  possono andare.
Ha preso parte alla giornata anche il trio di Singapore venuto per tre giorno a Calcutta "solamente" per donare 10000 paia di scarpe, quelle di plastica tipo zoccoli, da dividere per tutte le case di Teresa.
Alla fine volontari e non abbiamo passato tutta la giornata insieme, tutti da paesi e modi diversi, tutti a conoscere curiosi le vite e le usanze degli altri, senza giudicare o criticare, ma solo condividendo con gioia una giornata dai molti colori per tutti…un’altra importante giornata per me. 
A proposito, solo perché sono stanco di parlarne non vuol dire che tutti non mi chiedano di lui…grazie ancora.
In quel giorno di festa per tutti io continuavo a svolgere le quotidiane attività e pascolavo tra i ragazzi del centro che nel piazzale affianco assistevano al gioioso delirio di quei simpatici lillipuziani un po’ “selvatici” che correvano e urlavano felici tra i volontari, cercando anche di percepire le loro sensazioni nel vedere tanta vitalità, nella mia mente “malata” pensavo potesse in qualche modo…non so…beh, ancora una volta felice di sbagliare.
Uno di loro mentre ci parlavo ha parlato per molti.
Osservando sorridente il tutto mi ha detto ... tutto questo è bellissimo, grazie...
La festa della Repubblica con parate,  feste e relativa musica pop indiana a cannone in tutti quartieri della città e giorno di tv a Nabo, alcuni non aspettano altro nella casa, totalmente assorti dal tubo catodico…ma in positivo.
Ho visto Jeffrey ancora in azione quando un mattina ci siamo ritrovati con un ospite in più, un anziano signore trovato in condizioni disperate da uno dei fratelli la sera prima sul bordo della strada mentre tornava dalla spesa, a cui hanno inizialmente fornito cure ed assistenza, subito lo ha visitato e somministrato diverse flebo, non pesava più di 40 kg credo, fortunatamente ha cominciato a dare segni di vitalità parlando e tentando di mangiare e bere da solo...
Gli ultimi due giorni non sono andato a Nabo dovevo organizzare la mia partenza, il 31 scade il visto e i giorni qui hanno fermato inaspettatamente il mio cammino, il 29 ho prenotato il biglietto per Roxhaul, città di confine con il Nepal nello stato del Bihar, 19 ore di treno con la speranza che non ci siano ritardi o problemi vari, è ora di riprendere il cammino ma per la prima volta con un velo di malinconia.
Nel frattempo ho rivisto quel minch… di tata, ha mollato il corso di meditazione dopo 6 giorni, voleva farlo il primo ma pur di non darmela vinta ha resistito qualche giorno in più, ma nonostante dica il contrario per me lo ha solo peggiorato...testinaaaaaa!
L’ultima sera ho salutato tutti e condiviso ancora ore piacevoli con parte dei residenti di Sutter, che spero un giorno di rincontrare in questo strambo mondo che come mai mi appare così in movimento; l’indomani il saluto a Nabo, prima del treno, ho salutato i fratelli scambiando con loro indirizzi e parole di gratitudine, più per loro e per lo straordinario lavoro che fanno, mi hanno anche detto di tornare quando voglio al di là della “procedura”, naturalmente tra le battute di Jeffrey che come sempre cerca di convincermi ad intraprendere la via della fede, quella definitiva…poi con la solita voce pacata e rassicurante mi ha parlato dell’uomo dell’altro giorno, sembrava che tutto procedesse bene ma…era in giardino seduto al sole si è addormentato, non siamo riusciti a svegliarlo, ma almeno ha passato gli ultimi due giorni della sua vita qui accudito e amato, forse come non mai, ne sarà stato felice…
Ho salutato tutti i residenti con un gran groppo in gola, tranne i pochissimi nessuno naturalmente sapeva o poteva capire che me ne andavo, ma per l’ennesima volta ho sottovalutato qualcosa, non so cosa e non lo so spiegare, però mi hanno sorpreso ancora e come mai era successo nei pochi giorni in cui sono stato con loro...sono sempre più convinto di essere io quello a non capire, anzi ne sono certo ormai.

Ho anche conosciuto di più gli altri ragazzi italiani di stanza in quel di Teresa, tra cui i due del primo giorno incontrati nel caffè, Armando e Carlo, anche loro come altri della spanish combriccola si sono diretti al di fuori di Calcutta e visitato altri centri di volontariato che non fanno parte delle case di Teresa e sono gestiti da missionari o associazioni varie, ovviamente senza l’ombra di volontari...alla fine il pensiero è stato comune, quel che viene fatto qui è senza dubbio straordinario e “facilmente” realizzabile, ma può solo aprire gli occhi a realtà ben più ampie e difficili, purtroppo, facilmente riscontrabili in ogni parte del mondo.
C’è molto, troppo da fare ovunque, qui chi ha bisogno ha la fortuna di essere assistito grazie all’immensa creazione di quella piccola straordinaria donna, al peso del suo nome, ma anche grazie all’imponente aiuto di volontari e delle donazioni da tutto il pianeta, ma…spero possa essere solo il primo passo, l’inizio di una consapevolezza generale, di un’apertura più ampia, magari cominciando proprio da ciò che abbiamo intorno…

Andrea, Calcutta