"Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché.
I loro desideri hanno le forme delle nuvole."

Charles Baudelaire

Percorsodiviaggio


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giovedì 23 dicembre 2010

Un Natale Australe...

Secondo i miei piani dovrei essere gia' tornato a casa e terminato il mio personale tour del mondo in 12 mesi...ma come troppo spesso accade i piani sono fatti per essere "spianati", e mai come a spasso tutto questo perde la sua iniziale linearita', forma.
Sono ancora in quel di Melbourne, stanziato, spiantato e un po' panzato (mamma sarebbe orgogliosa), sto vivendo questa parentesi australiese in maniera tranquilla, serena, curiosa e gradevole, tra normalita', hippie markets e festivals...circondato da persone magnifiche che rendono tutto il mio essere semplicemente...
Da quel Natale in India, a quanto pare, sono passati 12 mesi e il mio travelpanettone mi regala un altro Natale lontano da casa, un'altra opportunita' di vedere il mondo con i miei occhi, di respirarne gli odori, di osservarne le curve, i colori, le sfumature...
Beh, non finiro' mai di ringraziarlo il mondo, e non solo lui ovviamente, per tutto quello che mi sta dando, anche se lontano da casa, dalla mia famiglia, dai miei amici, dalla mia terra.
Scrivo questo breve post solamente per fare gli auguri di Buon Natale a tutti coloro a cui tengo, a coloro conosciuti grazie a questo viaggio, a questo blog, e a coloro che eventualmente avranno la disgrazia di imbattersi in queste pagine.
Spero che tutti possano passare un felice periodo di feste con i propri cari, o semplicemente con chi decidano di trascorrerlo.

Un augurio particolare va a Dario e Jessica, che hanno deciso di convolare a nozze proprio qui in Melbourne il 30 di dicembre, auguri di cuore ragazzi, peccato non esserci...

Io, instancabile stacanovista del vuoto cosmico, mi concedo questo periodo austronatalizio al confest sino al 4 gennaio, un altro modo per guardare le cose nell'ennesima diversa prospettiva; sono curioso, come sempre, vediamo quel che trovo sotto l'albero...

Buone feste a tutti, ma proprio a tutti....
Andrea, Melbourne, Australia.

martedì 2 novembre 2010

Anniversario

Un anno. Oggi. Adesso.
365 giorni passati da quando ho salutato la mia famiglia, i miei amici, il mio...
Ero con Nicola e Leila che salutavano me ed i miei zaini verso dove non sapevo...e tutt'ora non so.
Ora sono in Australia, a Melbourne, e quello che so è solamente che sono dove dovrei essere.
Al momento non scrivo sulla carta, non lo faccio al computer, lascio semplicemente che il "libro" volti le sue pagine, imprima la mia vita esattamente lì, in quel momento...è bello, mi piace, lo faccio.
A breve riprenderò il cammino e con esso la scrittura, forse, per ora respiro profondamente con una diversa leggerezza nel cuore.

Riporto solamente queste righe inviatemi da un'amica, le trovo "calzanti"...grazie C.R.

"Tu ancora non puoi sapere dove approderai. Ma chi incomincia a cercare ciò che ama finirà sempre per amare ciò che trova. Ti metti in cammino verso est e magari raggiungi l’ovest. Non e` importante, adesso. L’importante e` mettersi in cammino. Altrimenti non arriverai da nessuna parte. E passerai il resto della tua vita a disprezzarti per ciò che avresti potuto essere e non sei stato. La meta iniziale del viaggio rappresenta solo lo stimolo per partire."


Andrea, Melbourne

mercoledì 15 settembre 2010

IL mago di Oz...vediamo và...

E' la mezzanotte ed un minuto in Quel di Beli (Kuta purtroppo) ma qui, dopo 319 giorni da Quel treno per Beri, si interrompe il mio viaggio via terra (il primo spero).
Dopo non so quanti km e quante cose attraversate dai miei sensi, ma ancor più in me, si interrompe parte del mio sogno.
Purtroppo non ho trovato un modo che sia uno di arrivare in Oz senza volare, ed il tempo mi ha limitato. Prendo il mio primo aereo per il "giro di boa", il punto più distante da casa (ma anche il più vicino grazie ai miei zii e alle mie cugine), non solo per quella geografica ma anche per quel che oggi ignoro davvero, per la prima volta...
Dopo quasi 11 mesi non so davvero cosa aspettarmi, forse perchè non lo vivo come i precedenti confini, quelli veri, quelli a "contatto", quelli che esistono ma in fondo non ci sono, dove tutto cambia ma tutto rimane uguale e dove la vita segue sempre il solito filo, quello dei molti, semplicemente...
Troppo da dire, troppo da scrivere, ma non sono riuscito nemmeno ad aggiornare il blog (sono indietro di un mese).
Quindi?
Quindi avanti, quindi...someone over the rainbow...


Andrea, Kuta, Bali, Indonesia...Asia.
(ma solo per poche ore)

...update soon...

martedì 14 settembre 2010

C'eravamo tanto odiati ma alla fine...

Turisticamente mi metto in cammino setacciando la fantomatica città in cerca dei luoghi d’interesse, primo fallimento le Petronas Towers; arrivo tranquillo e mangiato verso le 12 ma non mi fanno entrare (e che pillole).
I biglietti per assistere all’imperdibile spettacolo sono contati e solo i pochi “fortunati” che appestano l’ingresso (di questo bieco enorme centro commerciale costante dimostrazione del vuoto umano) fin dalle prime luci dell’alba hanno il privilegio di guardare la città dall’alto…alto, saranno 30 piani.
Impettite, ma col velo, le signore mi mostrano le foto della ressa del mattino.
Se vuole il biglietto deve venire alle 7, non immagina quante persone vogliono salire su.
Si si, mo me lo scrivo…
Mi aggiro per le strade di questa moderna città ma tutte quelle scritte, pubblicità, colori, palazzoni, monorotaie, messaggi subliminari, suoni, ect, mi fanno venire il mal di testa, quindi decido come sempre di ispezionare il lato ”b” immediatamente dietro le apparenze.
E infatti come di consueto tra le viuzze subito dietro le facciate intravedo la normalità.
Donne sulla strada con sgabelletti proprio fuori dalle cucine dei super ristoranti che puliscono verdure e lavano piatti nelle bacinelle di plastica, sorridenti e simpatiche come sempre, gruppetti di adolescenti alternativi, sporcizia, palazzi devastati, sorci, scimmie che rubano cibo dove possono (visto che il cemento gli ha tolto spazi e provviste), invitanti luridocarreti di cibo, poveri e mendicanti…insomma la solita Asia, gli puoi rifare le scarpe, il mantello o “insegnare” chissà cosa, batte sempre col suo cuore…bene.
Finito il tour dei vari Merdeka, lake garden, central market, moschee, templi e tutto l’ambaradan, decido di cambiare ancora g.h. (nonostante in una delle mie ricerche mi sono un po’ vergognato quando un gentile monaco dello Sri Lanka, convinto che fossi un ospite della pulciosa dimora, mi ha guardato indegnamente dopo che gli ho detto che per me era troppo costosa…pensava lo prendessi in giro, un monaco, non mi sopporto più!), ero si induisticamente vicino ma non proprio nel cuore pulsante.
Mi trasferisco a Little India, sede dei miei pasti, delle mie birrette economiche, del dolce suono dell’olio da friggere e dell’atmosfera che solo i figli di bollywood sanno darti…e poi la g.h. è la migliore trovata in città.
Sono stato anche alla piscina comunale dove (ovviamente) non mi hanno fatto entrare con i miei bermuda e costretto ad affittare un costumino aderente abbastanza effeminante (e dire che le donne avevano velo e muta) e come giaciglio del comodo cemento armato ai bordi; c’è un bel prato nei pressi a dire il vero, ma con divieto di entrata.
Ma chi è il sindaco Cetto Laqualunque??? non li capisco sti malesi.
Il lunedì vado all’ambasciata ma non prima di passare al centro assistenza per cambiare la tastiera del mio laptop (da un po’ mi dava problemi impedendomi di scrivere ed aggiornare il blog) e anche senza garanzia me lo fanno gratis, bravi pischelli psichedelici!
Arrivo con i miei usurati pantaloni lunghi pakistani ed entro.
Il gentile impiegato mi vede e senza farmi fare fila e biglietto mi chiama da una parte del vetro.
Piuttosto scuro in volto ed imbarazzato mi dice che il supermegavisore non ha avallato la domanda di due mesi per il visa, ha tentato di spiegare la cosa ma nulla, me ne può dare uno come per il VOA (visa on arrival) che posso fare in qualunque punto dell’Indonesia decida di entrare (e pagandolo la metà), mi rimborsa e mi rassicura sulla possibilità di estenderlo una volta nel paese in qualunque immigration office.
Si scusa e mi saluta.
Beh ci ho provato, sapevo che sarebbe stata dura ma ci avevo creduto,  no problem, valuterò il da farsi una volta li tanto è sempre così, quando pianifico vanifico…tranne la partenza per Malacca.
Il bus mi lascia nel mezzo del patrimonio Unesco, tanto per cambiare.
Il centro è tirato a lucido come una bomboniera da matrimonio, “quasi” cozza con i 7 km di città fatti pocanzi però è davvero gradevole.
Cerco l’alloggio consigliatomi dal monkey tra le belle vie del centro.
Arrivo ma non lo vedo.
Nei pressi leggo un mini cartello con scritto House of Kititto, un anziano signore intento a braciare spiedi di porco mi fa cenno di salire, 2° floor mi dice.
Potrei non fidarmi?
Arrivo al secondo piano ed entro in una bisca fumosa, un capellone sessantenne mi dice che ho sbagliato (ma come??) mi accompagna al piano di sotto, li è la g.h.
Il piano terra è il primo piano.
Entro e mi accoglie un simpatico ragazzo, si chiama Kent, mi mostra l’abitazione.
Quattro camere, due bagni, una cucina ed un salone che è l’entrata.
Il dormitorio è composto da due letti, 2,50 € a notte, dopo 3 notti una è gratis, dopo 5 due gratis, acqua, caffè, lavanderia…ok la prendo!!!!
Praticamente è un homestay molto home e parecchio stay.
Kent è malese del Borneo e la moglie Monica malese giornalista, sono due angeli in terra, cordiali, disponibili e altruisti al limite del comprensibile.
Da soli 6 mesi hanno preso in gestione quella che era inizialmente una grande g.h. fino a quando i precedenti padroni non si sono separati e con loro anche le mura.
Immediatamente perlustro la città, vicino la g.h. ci sono molte moschee e scuole musulmane, persone più distese di quelle incontrate sin ora, sorrisi, occhi amici e ristoranti :-).
La parte “patrimonio” è davvero bella e piena di turisti, un po’ irreale a dire il vero.
Subito mi dirigo verso la collina dove c’è la chiesa di San Paolo costruita dai portoghesi nel 1521, di cui Terzani parlava nel suo libro descrivendola come un posto tranquillo dove leggere all'ombra gli alberi e dove si respirava ancora l'aria della vera Malesia...
Oggi quel panorama è soltanto un ricordo e la chiesa (quel che ne rimane) per tutti non è altro che la tappa di un tour con tanto di ridicole foto ricordo e priva del dovuto rispetto, da parte di tutti, come se io andassi a Varanasi o Esfahan a fare foto stupide con gli amici arrampicandomi indisturbato ovunque senza curarmi minimamente del significato del luogo, amareggiato.
La città mi piace parecchio nonostante la falsificazione storica degli edifici, quei strani rumorosi riscò e tutte le mostruosità che stanno costruendo dopo la certificazione Unesco, non lo dico io ma gli abitanti, poi è palese.
Tra la bella Chinatown e la solita buonissima Little India, very little qui, ci sono di mezzo i canali…
Ahimè inabitati da ogni razza di pesce esistete sul pianeta per via dell’incredibile sporcizia dell’acqua, tranne che per lui, il varano!
Principalmente "bazzicano" nei pressi del canale dove sono le abitazioni dei più poveri, quelle baracche di legno che hanno pensato di nascondere con delle tendine di luci di Natale..eh...ma praticamente sono ovunque, anche nei piccoli canali fognari che come in tutta la Malesia sono all’aperto; vere e proprie brutture estetiche ma ancor più pericolose trappole, come in Iran e Pakistan (ma che è un must musulmano?).
Nella g.h. c’è solo un altro cliente, Silka, tedesca trentottenne yogista/salutista/meditazionista/serista e amante di Cherating, poche parole tra noi, doveva stare qui 3 giorni ma ormai sono due settimane che predica la fuga e non sa dove e perché andare…mah.
Poi un giorno è arrivato Johnnie neozelandese di origini irlandesi, insegnante di matematica all’università di Auckland e robocop fuori dai movies, dorme nel “dormitorio” con me, lui fa flessioni e piegamenti, io ronfo e rifletto sul perché di molte cose, ma senza “radici quadrate”…due mondi lontani.
Ad ogni modo alla house si sta benissimo, passiamo le giornate praticamente tutti insieme, Kent e Monica ci illuminano sulle tante “angolazioni” del paese, le diversità celate dal solito 1, mi leggono mani e piedi e traducono finalmente i vari fogliettini rimediati nei templi buddisti (e tutti assolutamente azzeccati), ci portano in giro per la città facendoci vedere e conoscere luoghi più veri come il mercato musulmano fuori dalla città vecchia (è iniziato il ramadan con i relativi muezzin che cantano tutto il giorno sotto la finestra, siamo proprio sopra la moschea principale) dove ogni pomeriggio centinaia di persone si ritrovano per acquistare cibo in attesa del tramonto, un tripudio di odori, colori, fritti, musica e gente sorridente, nonostante il digiuno.
Abbiamo assistito con loro anche ad una festa cinese organizzata tra le viuzze di Chinatown, come cerimonia hanno fatto un gran falò con banconote finte e per cena…canne di babù alla brace e porchetta, dopo 10 mesi sono riuscito ad azzannarne un pezzo, ah, D’io benedica il suino.
Un paio di sere abbiamo anche cucinato insieme e ci siamo dedicati all’ hotpot (o hotboat, ognuno lo chiama come vuole), pietanza vista precedentemente nel mio girovagare asiatico, davvero gustoso e soprattutto conviviale.
Siamo partiti a fare la spesa (al frequentatissimo carrefour, anche qui, tristezza) e tra le varie cose acquistate per la cena ho fatto una piacevole conoscenza, la tapioca chip…no tarapiotapioca come dico sempre ai scocciatori di strada, bensì vere e proprie “patatine” ma decisamente migliori…ormai sono dipendente, anche perché credo facciano meno male…credo, me lo sono inventato :-).
Torniamo da fare la spesa con tutte le buste piene di verdure, pesce, carne e quant’altro, ma proprio una volta fermi con la macchina parcheggiata sotto casa mentre stavamo scendendo, odo uno strano rumore, come di pera matura, mi volto e non vedo nulla, abbasso lo sguardo e vedo le due buste bianche della spesa appoggiate ai lati del canale sul bordo della strada, due mani e la testa lucida di Johnnie....si è scatafrantumato dentro il canaletto dell’acqua, tento di aiutarlo ma con un movimento stile parallele di atletica me lo trovo barcollante davanti a piedi nudi e vagamente infangato, lo avevo detto che sono pericolosi???
Fortunatamente è alto e "palestritico" quindi non si è spezzato in due parti ma ha rimediato solo qualche graffio e contusioni varie e un pò di celato spavento, ma tutto ok la cena è salva…
Alloraaa ti muovi che ho fame????
:-D

Andrea, Malacca

mercoledì 8 settembre 2010

Unafaccialgiorno IV

Appeso a un semaforo


Kuala Terengganu.
Arrivo in serata tra pioggia e traffico, già rimpiango le isole.
La città è sede dei migliori bazaar della Malesia, di splendide moschee e del palazzo del Sultano, chiuso al pubblico...credo saranno due giorni regalati al paese.
La città è sinceramente poco attraente, i mezzi di trasporto nei pochi luoghi di interesse latitanti o in fase di “creazione”, mi dicono (e se riprendono i terribili bus del luogo siamo fritti), i bazaar sono allestiti con prodotti sintetici, maglie di calcio internazionale e cianfrusaglie di poco conto; nota positiva la bella Chinotown, bella vero, ma ristrutturata in maniera surreale e ancora in via di “sviluppo” turistico, insomma, potevo tirar dritto.
Devo dire però che in questa parte di costa la vita musulmana è abbastanza reale (anche troppo vista la quasi totale assenza di indiani e cinesi), tanto da scambiarmi per pakistano e fermarmi in mezzo alla strada.
Vero che in Malesia l’islam è generalmente più free, le donne portano dei semplici veli colorati, simbolici diciamo, girano tranquille con le amiche, lavorano, vanno in moto, insomma fanno vita “normale” a differenza dei paesi del medio oriente (ci sono sempre quelle in burka, per lo più turiste), anche se nulla in confronto a Georgetown!
Ricordo che una sera con Marco siamo andati nella zona universitaria a trovare degli amici tra i grattaceli adibiti a residence per studenti stranieri, con piscine, palestre, guardiani, ect…altro che camere affittate a Roma.
In particolar modo mi colpirono i ragazzi/e provenienti dall’Iran.
Tutti vestiti “occidentalissimamente” male e con atteggiamenti fin troppo yeah, in particolar modo le ragazze, private degli eccessivi obblighi “religiosi”, girano in shorts, magliettine firmate, capelli svampati e truccate in maniera spaventosa, di poco gusto oserei dire; potere delle repressioni espressive, delle imposizioni sinceramente esagerate di quei paesi che fin troppo seguono la “via del corano” e che portano ad una ribellione estrema non appena fuori dai loro confini.
Con tutto il profondo e sincero rispetto che oggi nutro per i paesi islamici dopo averli visitati, vissuti un po’, e avendone conosciuto le straordinarie persone che li abitano, dico che sarebbe meglio capire piuttosto che imporre.
Nessuno vorrebbe tornare in Iran, in Pakistan o altrove, nessun ragazzo e soprattutto nessuna ragazza, e tutti hanno parole colme di rancore…come biasimarli, cercano solo di essere liberi di “essere”, come gli altri...
Immediata la decisione di abbandonare Terengganu e dirigermi verso Cherating, luogo abbastanza tranquillo consigliatomi da alcuni “passanti” e indicatomi da Marco come possibile piacevole meta.
Il luogo è situato alla fine dello stato ed è composto da una via!
È proprio a ridosso della spiaggia e li si concentrano guest house, bungalows, un paio di resorts, tre ristorantelli e un mini mini mart, intorno il nulla.
Meta preferita di solitari europei in cerca di relax e quiete, o gruppetti di giovani malesi in cerca di una serata al limite, birretta e patatine.
Dovrebbe essere una delle poche zone dove è possibile “surfare” ma le onde sono piuttosto basiche e non fanno altro che intorbidire l’acqua; la spiaggia è parecchio lunga ma senza la minima poesia, tranne quella del vento e dei “doni” della marea.
Una notte è  stata sufficientemente emozionante, non faccio yoga ne meditazione, cioè solo underground, e non sono pensionato, se poi voglio una birra me la bevo, anche se qui costa cara, sgrunt!!!
Decido di andare direttamente a Kuala Lumpur, che insieme a Singapore, è l’icona dello sviluppo del sudest asiatico.
Arrivo nei pressi di chinatown a cavallo della mitica monorotaia, all’uscita un malese rokkettaro figlio del blues mi fa da cicerone sino all’unica guest house che conosco.
Entro ed assisto all’ultima deflagrazione conformista del mio errare.
Tutti stranieri monoumanici finto alternativi spappolati, anche un pò freejazzpunkinglese ma fondamentalmente cuccurucucu paloma.
Piedi nudi (ok sono abituato e mi piace, un must da mesi), moquette, fumo, cianfrusaglie e stanze loculo-flashate aperte per condividere ogni atmosfera; al terzo piano dello stabile stile Amsterdam cioè ripidissime scale con scalini di 3 cm (non solo per i scalini…), arrivo alla mia possibile stanza, ma non prima di oltrepassare la fumosa area comune occupata da uno strano tipo seduto in posizione del loto sfiorito con capelli lunghi, barba lunga, tatuaggi lunghi, occhi persi nel nulla (ma annullati da qualcosa) immerso nelle sue allucinogene tele dipinte…cioè, molto pulp, pure troppo!
Ringrazio il curioso ma gentile ragazzo musulmano e riparto.
Pochi metri e sono in mezzo a chinatown detestabile mercato tarocco all’aperto per turisti, è tardi e alla fine mi sistemo in un ex cinema adibito a g.h., nulla da chiedere alla morte interiore ma cheap e con wi fi.
1° mission del mio soggiorno il visto Indonesiano.
L’ambasciata è a 250.000 anni luce dal centro, nonostante il mio delirante senso del risparmio (e appurata la totale assenza di bus che arrivano li), mi vedo costretto a prendere un taxi, il primo, di sempre…
Mi faccio convincere dal padrone indiano della nuova locanda situata poco distante dal “cinema”, sulla collina vicino al tempio indù zona piacevole devo dire (inutile, l’India mi manca troppo).
Con misurata gioia comprendo che il taxi non è un lusso, quasi 45 minuti di viaggio per una cifra vicina al ridicolo (perché ho faticato disumanamente in tutti questi mesi??? Sei un caprone!).
Arrivo e fortunatamente è ancora aperta, mi precipito dagli omini di guardia per il pass.
Lei non può entrare?
Ma se nemmeno ho parlato.
Si affaccia dal vetro, mi squadra e mi dice guarda alla tua destra.
C’è un maledetto cartello con le immagini degli indumenti consoni o meno.
Io ho le X su tutto!
No pantaloni corti, no sandali no tongs, e per lei velo e zero cm di pelle al sole.
Noooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo
Cerco di inscenare le solite manfrine tra un awanaghess di Albertoniana memoria, un alex drastco e la faccia da cucciolo, ma niente è inamovibile.
Mestamente esco e impreco su me medesimo, è venerdì e devo aspettare fino a lunedì per tornare!
Mentre mi dispero noto una coppia che entra, lei ha le infradito.
Mi precipito nella guardiola e faccio notare la cosa, perché lei si e io no? Come mai questa disparità di trattamento? Faccio appello all’articolo…ok, zitto, metti questi.
Mi rifila un paio di pantaloni da ginnastica unti dal neolitico.
Ora va bene, fotocopia del passaporto?
Non ce l’ho.
Senza non entri.
Grrrrrrrrrr
Riesco e giro nei dintorni, vedo un centinaio di persone in fila, sono Malesi in cerca di permesso per l’altro emisfero, li in una parte distaccata dell’ambasciata c’è una fotocopiatrice, mi accodo, fanno fotocopie gratis per loro.
Mi presento sfacciatamente al bancone e la signora mi guarda mentre impersono il cucciolo Alfredo, sorride mi fa una copia e mi saluta.
Finalmente entro.
Mentre compilo la domanda per i due mesi di permesso (ne danno uno se viaggi via terra) ometto il come e il quando lascerò il paese, il funzionario mi fa notare la cosa ed io gli spiego la mia storia, divertito ed incredulo chiama le sue colleghe velate raccontando di come sono arrivato in Malesia “a piedi”, la cosa diventa di dominio pubblico ed anche le 80 persone in attesa ridono…di cosa????
Mi dice ok non ci dovrebbero essere problemi, parlerò con il supervisore, torna lunedì a prendere il visto.
Lo ringrazio ed esco, per la gioia decido di tornare a piedi sino al centro, sfacchinata inimmaginabile ma compensata da una piacevole euforia decido anche di fare una buona azione.
Mentre cammino tra i grattaciel, gli immensi negozii e gli hotels superlusso, mi fermo a leggere uno dei tanti menu dei sfarzosi ristoranti; quello teoricamente italiano è davvero uno spasso, le portate sono scritte in italiano, malese e inglese ma totalmente sbagliate, in particolare per un piatto che era composto anche da …seno di anatra bollente… non ho resistito e sono entrato (vestito come un bandito) e tra un hello mr, ect, ho fatto notare la cosa al maitres del ristorante, quando ha capito cosa c’era scritto si è imbarazzato all’inverosimile mi ha ringraziato, salutato e liquefatto verso la cucina tra i sorrisi delle varie cameriere.
È sempre bello far del bene…ed è stato davvero esilarante :-D.
Ora un tranquillo week end a K.L.

Andrea, Kuala Lumpur

venerdì 3 settembre 2010

I Ratti di Mompracem

Svegliaaaaaaa!!!! Devi scendere qui!
Mi dice la gentile mamma del piccolo bambostro irrequieto con cui ho giocato gran parte del viaggio, fin quando la stessa non gli ha dato due saraghe sui glutei concedendomi così il meritato riposo.
Sono a Georgetown nel minivan che ho dovuto contrattare a Hat Yai, inizialmente dovevo prendere il treno ma alla stazione mi hanno sparato un prezzo più alto e per giunta sino a Butterworth (valore del burro???)!!! 
Mi scaricano in strada alle 15 di una qualunque torrida giornata tra petulanti signori che mi chiamano ovunque per offrirmi un alloggio.
Io ancora assonnato mi accendo una sigaretta e seduto sullo zaino tento di capire dove sono.
Non ho letto informazioni o stampato mappe, nulla, in lontananza vedo un vicolo, Love Lane, vicolo dell’ammorre, un segno??? (si d'er monopoli).
Mi incammino e dopo poco trovo una g.h. economica con un dormitorio, il padrone mi dice che a breve lo vuole smantellare e farci altre stanze (?), dopo averlo visto gli do ragione.
Il reparto “fine delle grazie in Malesia, provate Lourdes” è una logora stanza con 10 letti ed un lavandino, i residenti sono vari e quasi tutti "accappottati" nel letto, buongiorno…
Mi danno un lenzuolo e mi chiedono 10 ringgit, ok.
Con il “velo pietoso” (è proprio  il caso di dirlo) copro l’esausto materasso e mi concedo una doccia riflessiva, domani cambio alloggio!
Tra i mitologi della residenza c’è anche lui,  Adriano detto "er pirata",  romano di San Lorenzo esiliato in quel di Penang per via di un problema con il visto thai (in Malesia concedono tre mesi di permanenza gratuiti, in qualunque modo si raggiunga il paese non c’è bisogno di visto) .
Raccontare la storia di quest’uomo è assolutamente impossibile; ex tifoso di curva sud, ex paracadutista, ex ristoratore, ex incidentato (per ben due volte), ex dato per spacciato, si è e dato all’Asia e al buddismo (un po’ a modo suo a dire il vero, per giunta “iniziato” vicino Casaprota, piccolo il mondo eh...), ha trascorso gli ultimi 9 mesi in meditazione presso vari templi thailandesi ed ora è in attesa del visto per l’India, ultima tappa del suo migrare…forse.
Immediatamente mi metto a girare per la città in cerca di una nuova dimora ma soprattutto cibo.
Adriano mi consiglia un posto dove va lui tutti i giorni per l’unico pasto della giornata, quello delle 12, come da vita monastica buddista, e non sbaglia; esagerata porzione di riso e varie verdure servito sulla banana leaf e mangiato senza postate, cioè con le mani, e acqua di "pura" fonte, il tutto meticolosamente indiano per la modica cifra di 1 €, mi sembra di essere tornato a Calcutta…Dio benedica l’India, con tutto il rispetto per la cucina thai e le buone maniere!
Little India è davvero India, le persone sono indiane (anche se malesi di generazione), i suoni, i profumi e le assurdità quasi le stesse, mi piace un bel po’.
Poco più in là Chinatown con i suoi vecchi splendidi palazzi, le botteghe con le tipiche persiane in legno, i banchetti di cibo, di the e i venditori di ogni genere; il tutto circondato da grattaceli in lontananza da una parte ed il mare dall’altra, ha davvero un gran fascino questa città, non credevo.
Il padrone della bettola ne ha un altro paio sulla stessa via e mi concede un stanza singola per 18 ringgit con wi fi free proprio qui accanto, accetto e mi trasferisco nella cella singola.
Le giornate le trascorro girando come al solito e facendomi trasportare dalle contraddizioni di questi primi giorni malesi, tra differenti etnie, religioni e colori, il tutto sotto la stessa bandiera e sotto lo stesso numero, l’1.
Ovunque si manifesta tramite slogan la necessità di coesione tra le differenze.
Malesi popolo di musulmani, maggioranza della popolazione e detentori del potere, indiani e cinesi di origini e con forte senso di appartenenza, cristiani, stranieri…
Dalle pubblicità sorridenti e confortanti in strada, nelle tv, nelle radio, tutte all’insegna dell’ 1, tutti sotto un'unica bandiera…”sotto” è il caso di dire perché nella realtà non è così...ma questa è un'altra storia.
Comunque ci sono anche i ratti più grossi e disinvolti mai visti, sfacciati!!!
Prima di lasciare Penang non potevo non contattare Marco il monkey, altro giramondo italiano stanziato qui a Georgetown ormai da un po’ (troppo?)
Sono stato suo ospite, e di Kitt, per un paio di giorni in cui sono state affrontate tematiche ideologicominchiatiche così profonde e complesse da non poter essere rivelate in questo momento storico.
Quel che ne è scaturito, comunque, potrà in futuro salvare l’umanità.
Tempo al tempo e…che la serenità regni sovrana.
Ciao Marco, grazie ;-)
Dopo 8 giorni saluto la città, Adriano, Marco e le altre anime inquiete.
Il piano era di scendere lungo la costa ed arrivare sino a Malacca, ma dall’altra parte che c’è?
La curiosità mi ha spinto ad est e come consigliatomi anche dal monkey faccio tappa alle Perhentian Islands.
Viaggiare in Malesia è effettivamente comodo, bus, strade e tutto il resto sono efficienti e moderne, anche troppo.
Primi produttori di olio di palma del mondo, ci tengono lo so.
Sapevo della famigerata aria condizionata malese ma non avevo idea che si viaggiasse in una tormenta.
Inutile chiedere di abbassare l’aria!!!
Vedevo le persone alla stazione con maglie, coperte, moon boot e pelli di yack ma non potevo immaginare tanto, ed io solo con il mio sarong e la fascetta per i capelli, ibernato!
Dopo una inutile notte a Kota Bharu (utile solo a comprendere che: la quasi totalità degli abitanti sono musulmani e con lo “stile” di vita che ne consegue, ci sono un KFC e un MC’D per ogni abitante, i sorci si limano le unghie sui marciapiedi, i prezzi sono elevati!!!) nel pomeriggio mi imbarco a Kuala Besut e arrivo a Pulau Kecil, la più piccola delle due isole ed anche le più economica…umm…
Mi faccio “lanciare” a long beach in cerca di sistemazione e visito tutte le strutture della spiaggia, circa 60 in 50 mq, tra l'immane massa di umani occidentali riversa sulla spiaggia, tutte hanno prezzi elevati (per me!).
Trovo in fine un letto in un dormitorio proprio in riva al mare per 30 ringgit!!!
Alex, il ragazzo che la gestisce, è francese atipico e simpatico, vive ormai in Malesia da qualche anno deciso seriamente a starci!
Subito troviamo un intesa nonostante la rivalità calcistica (viste anche le rispettive figure della coppa passata), che sarà fondamentale per la mia permanenza.
L’isola non ha strade, non ci sono veicoli, si attraversa da parte a parte grazie ad un sentiero in mezzo alla giungla, ad ogni modo da qualunque punto si guardi è meravigliosa.
L’acqua turchese, pulita, trasparente, coralli, sabbia bianchissima e vegetazione rigogliosa…sogno.
L’esplorazione di rito parte l’indomani e come da “capro…copione” pur di non pagare il taxi boat passo l’intera giornata a camminare tra gli unici due sentieri attraverso la giungla, tra il sali e scendi continuo, gli infarti provocati più dai varani che dalla fatica (fino a 150 cm di lunghezza!!!), piccoli bungalow nascosti e suggestive calette deserte dove rigenerarsi; arrivo sino al villaggio dei pescatori, unico luogo abitato.
La strada finisce qui!!!
Come? Vedo la mia spiaggia da qui, non sarà più di un km.
Taxi boat o torni indietro…
Facile immaginare il capronico epilogo!
L’indomani mi concedo la mia prima, vera giornata di snorkeling, con la maschera!
Insieme a tre cinesi anemiche ed incredibilmente imbranate trascorro la giornata tra le meraviglie degli “abissi”, tra l’inverosimile e suggestiva varietà di coralli, nuotando tra pesci di ogni colore e dimensione, barracuda, squali (non più di un metro e mezzo) e tartarughe marine giganti.
Come fluttuare nella fantasia.
Il divertito e gentile ragazzo della barca doveva ogni volta venirmi a ripescare, mi sentivo come un bambino nella fabbrica di Willy Wonka.
Non avrei mai immaginato di rimanere rapito da una cosa simile, ma sbagliavo.
Stupito ancora una volta dalle meraviglie di questo Mondo.

Andrea, Perenthian

martedì 31 agosto 2010

Troppo karaoke underground!!!!


Arrivo a Krabi in tarda serata dopo un viaggio allucinante nel maledetto bus locale, 5 ore a - 5 C° (con tanto di alluvione provocata dalla condensa dei bocchettoni), tra stradine provinciali e soste incalcolabili.
La cittadina non ha nulla da chiedere al mondo, è semplicemente l’alternativa a Phuket per poter visitare le isole nel mezzo dello splendido mar delle Andamane, tra cui la strafamosissima e deturpata isola di Ko Phi Phi, quella del film the beach per intenderci, con protagonista quel salame di Di Caprio (io lo posso dire!!!).
Ad essere sinceri sono stato tentato dall’andare a Phuket ma dopo tutto quel che ho letto e sentito dalle persone incontrate nel paese mi sono voluto risparmiare eventuali, certe, “delusioni” per via dello squallore descrittomi, tanto più dopo aver trascorso le ultime settimane in alcuni dei luoghi più belli di questo paese.
L’approccio con la città è stato subito positivo, dietro la mia super g.h. c’è il mercato notturno che a differenza degli altri è influenzato anche dalla cucina mussulmana, vista la crescente presenza di islamici mano a mano che si scende verso sud.
Dopo aver trovato, con non poca fatica, il nuovo tuorist information spostato di "soli" 6 km dal centro della città (raggiunto a piedi ovviamente), realizzo, nonostante l’impegno e la cortesia degli impiegati, che visitare le isole con le proprie forze è impresa impossibile, il tutto è nelle mani delle varie agenzie…e te pareva.
Scarto immediatamente l’isola più famosa, Ko Phi Phi, il tour di un giorno costa come 1 settimana di permanenza e a detta dei ragazzi incontrati è penoso (non l’isola in se ovviamente).

Vieni praticamente scarrozzato tutto il giorno con il motoscafo insieme ad altri milioni di motoscafi per i punti più famosi (sempre grazie al maledetto film) con tutta la ressa di turisti che ne consegue; per fare delle foto? No grazie.
La cosa migliore sarebbe stare qualche giorno sull’isola ma è troppo costoso per me e sinceramente non mi interessa.
Opto per il tour di un giorno nelle 5 isole vicine, Ko Hua Khwan, Ko Poda, Ko Taloo e compagnia “isolando”, un intero giorno sulla tipica long tail boat thailandese, pranzo compreso (è importante).
Anche qui c’è da girare e contrattare ma alla fine per una cifra ragionevole trovo l’accordo.
Partiamo la mattina alle 9 da Ao Nang (dove tutti i turisti risiedono pagando il doppio di Krabi), siamo una ventina di persone racimolate dalle varie agenzie sparse e rifilate all’unica che organizza il tour.
Tra di loro anche un ragazzo di Torino reduce dalla visita a Ko Phi Phi il giorno prima, una tragedia, nemmeno il tempo di fare un bagno, presi e spostati continuamente tra centinaia di persone, nemmeno le foto abbiamo potuto fare per via del numero dei turisti… per una cifra vicina al ridicolo aggiungo io, ma non contento ha pagato, come quasi tutti gli altri, questo tour 200 bhat più di me…camminare!!!
Il giro è interessante e io mi piazzo subito sul tetto della barchetta di legno per godere della visuale e prendere il sole, peccato che dopo un pò mi raggiungono una ventina di persone…addio madrakata, maledetti!!!
Raggiungiamo le varie isole sostando più di un ora su ognuna così da avere tutto il tempo per nuotare (tra coloratissimi pesci tigre assassini, altro che fish massage), fare snorkeling tra i coralli (tranne io che da buon pulciaro non ho pagato l’affitto della maschera) e rilassarsi al sole, l’acqua è incredibile come le isole che visitiamo.

Solo un isola era “abitata” da un resort, Tham Phra Nang, bellissima davvero, dove si trova la Princess Cave, caverna dove risiederebbe lo spirito di una Principessa Indiana la cui nave affondò nel 300 AC e divenuto luogo sacro per i pescatori che, nell’altare adibito, offrono enormi falli di legno nella speranza di ottenere abbondanti pescate...non fa una piega :-).  
Le altre isole sono praticamente deserte, gli unici umani che incontriamo sono altri turisti con motoscafi e barche veloci ma fortunatamente evitiamo la ressa, quando arriviamo se ne vanno e quando andiamo via arrivano, fortuna…
La giornata è stata davvero bella anche grazie alla insolita simpatia e disponibilità dell’equipaggio della barca e al tempo che ci ha risparmiato, meno interessante il pranzo, scamuffo direi, ma riguardo ai luoghi nulla da dire meritano tutti gli elogi sentiti.
Rimango a Krabi un altro paio di giorni senza un motivo (forse per i semafori a dire il vero, cavernicoli…) ma la cittadina non mi dispiace è piuttosto realistica e rilassante, in più ho anche la fortuna di imbattermi nel “mega” mercato del fine settimana, con tanto di palco adibito per le esibizioni di karaoke (che meriterebbero da sole un mese di permanenza) e la festa gastronomica, una sagra thai tanto per intenderci, ma con interessanti bancarelle di manufatti artigianali delle zone vicine, ottima serata.
Lascio questa città del peccato canoro con un po’ di malinconia, ma è ora di avvicinarsi alla Malesia, ormai sono più di 2 mesi che giro la Thailandia e ho voglia di rimettermi in cammino, quindi decido dirigermi verso Hat Yai, città elettrizzante e snodo commerciale, a detta della guida…
Arrivo e mi sistemo nell’unica topaia disponibile in città, ed è realmente tale, la sistemazione non merita descrizione, tranne che per la “buona notte” dal mondo...
Subito mi immergo nell’"esplosiva" vitalità cittadina e giro..giro tra le vie della città tra bancarelle di oggetti da poco conto, indumenti falsi, alimenti in scatola e scatoffierie cinesi, il tutto tra gli imponenti centri commerciali e i vari pizzza hut e mc donald’s.
In giro una quantità impressionante di persone, di tutte le età, in preda alla sindrome da shopping, tutto gira intorno alle griffe, vere o tarocche, delle grandi vetrine, delle spropositate pubblicità occidentali, delle luci e dei suoni sparati a tutto volume.
Non è un luogo turistico, assolutamente, in giro moltissime donne con il velo e uomini chiaramente mussulmani, ma tutti rapiti dalle apparenze, dalle futilità…
Cammino e mi guardo intorno, realizzo che non è un luogo per me, decido di partire l’indomani destinazione Georgetown, Penang, Malesia.
Ciao Thailand, felice di averti vissuto per un pò...

Andrea, Hat Yai.


venerdì 27 agosto 2010

Troppo bello per essere vero

Lasciamo Ko Pha Ngan con una gran malinconia, posto bellissimo, e partiamo per l’isola più grande del golfo ma anche la più costosa, Ko Samui.
Daniela qui è di casa e conosce un resort carino sulla collina a Hat Chaweng la zona più turistica ma a quanto pare anche la più bella.
Arrivare al resort è impresa ardua quindi chiamiamo e ci facciamo venire a prendere con la jeep.
Per me è la prima volta che vado in un posto simile e appena visti i prezzi (ed essere stato rianimato con i sali) ne comprendo il perchè (naturalmente è un’esagerazione, meno della metà di una notte nella più squallida pensione di Roma… è che ormai s’ho debbole de core…).
Il posto è bello, molto a dire il vero, si trova come detto sulla collina che si affaccia sul golfo dell’isola, in mezzo un grandissimo prato dove distanti ci sono i bungalows di varie dimensioni e prezzi, il campo di green volley e giochi per bambini; il ristorante ed il bar sono praticamente all’aperto con un enorme tetto di legno e paglia, ci sono alcune piccole costruzioni "palafittate" in legno dove poter mangiare, bere o leggere seduti per terra tra stuoie e cuscini, e la piscina con area sbrago totale terrazzata sul panorama..paradiso.
Il bungalow che prendiamo è il più economico ma nulla da dire, in legno con un bellissimo bagno in pietra e veranda con sdraio…non mi sembra vero dopo tutti questi mesi.
I pochi giorni passano veloci, siamo stati praticamente in ozio tutto il tempo tra letture, chiacchiere, piscina e relax totale, solamente una mattina siamo scesi giù al mare, luogo turistico e costoso, gli alberghi costano almeno il doppio del nostro e sono pieni.
La giornata è stata piacevole, anche la colazione al mercato a base di riso, morning glory e formiche, non so come faccia a darmi retta Daniela…
Nonostante il tursticissimo luogo la spiaggia ed il mare sono favolosi e l’acqua è incredibile, mai vista così celeste, senza coralli e str…etti vari, ci sono anche i venditori da spiaggia, di gelati specialmente, ed uno in particolare non si scorderà di me.
Tipo curioso, camminava con il suo frigo portatile fermandosi di tanto in tanto davanti ai possibili clienti piantando il "menu" di latta sulla sabbia e cantando a squarcia gola canzoni thailandesi per convincerli ad acquistare, alla fine lo sciagurato si è fermato davanti a noi e non ha nemmeno avuto il tempo di iniziare lo show, mi sono subito tirato su ed ho intonato il meglio del mio repertorio di canzoni napoletane neomelodiche trash con tanto di pugni stretti ngopp uu core e occhi chiusi; senza parole, ne acuti, mi ha guardato sconfitto ma sorridente, tra i commenti e le risa dei bagnanti thailandesi, ha preso il frigo e se ne è andato…Daniela era piegata in due…comincio seriamente a pensare ad un futuro come cantante in Campania :-D.
Daniela ha l’aereo nel pomeriggio ed è tempo di salutarci.
Non credevo che sarei stato così bene è una persona adorabile, intelligente, sensibile e con uno spirito di adattamento non comune, specie per i miei standard di viaggio, ma soprattutto non abbiamo mai discusso su niente, incredibile se si pensa a quanto sia rompiscatole e pesante il sottoscritto; mi sono trovato benissimo a viaggiare con lei e non credevo dopo tutti questi mesi in solitaria.
Devo anche ringraziarla perché se non fosse stato per lei non avrei visto questi splendidi luoghi e passato ore così piacevoli e divertenti…buona fortuna per tutto Daniela, chissà magari ti stresso anche in Australia :-).
È tardi, Daniela ha preso il taxi per l’aeroporto ed io devo capire cosa minchia fare.
Qui tutto è costoso quindi provo a spostarmi verso Na Thon.
Blocco uno di quei strambi taxi collettivi e mi faccio lasciare in mezzo alla strada in una zona consigliatami da uno dei fucking ragazzi del resort, a detta sua la zona più economica.
Mi trovo nei pressi Ban Bang Po, mi incammino e osservo qualche g.h. con i prezzi esposti, non ce ne sono molte ma sono fattibili, 200 bath per notte.
Vedo una specie di agenzia di viaggi ed entro per informazioni riguardo a dove mi trovo…sul divano c’è un bambostro in sovrappeso di circa 8 anni intento a lobotomizzarsi davanti la tv, gli chiedo se c’è qualcun altro oltre lui, ma con un inglese inverosimile mi dice che il suo papà è fuori e tornerà tra poco, se necessito di informazioni riguardo ad alloggi, tuors, ferrys e quant’altro posso chiedere a lui…lo guardo immaginandolo sulla graticola tra aglio e rosmarino, lo mollo!
No grazie, magari ripasso…piccolo inglesofilo!!!!
Esco e mi chiama un tipo strano seduto a un bar sulla spiaggia insieme a una donna e un uomo sulla sedia a rotelle intenti a bere birra, mi avvicino e mi fanno sedere.
Lui è Edge, omone di due metri un po’ sdentato con fisico da palestrato, tatuaggi, canotta bianca e bermuda militari, lei una signora inglese al quanto “pubbista” che gestisce il trash bar e l’uomo sulla carrozzella un amico in vacanza…mi chiedono che ci faccio li e se ho bisogno di qualcosa.
Beh, cerco un posto dove dormire.
Quanto vuoi spendere?
Guardami.
Ok…
Prende il cellulare e chiama qualcuno, parlotta e mi dice va bene 180 a notte?
Certo.
Vieni con me.
Annamio…
Saluto i due simpatici amici e partiamo con la sua moto…
Facciamo qualche km e mi ritrovo tra la strada, la giungla e il mare, in un curioso posto.
Lui parlotta con la signora in “thaibritish” e lei non lo fila…
Mi mostra la camera ed è ok, le altre sono occupate solo da thailandesi, sono l’unico straniero…e ci credo.
Mi scorrazza con la moto per tutto il perimetro facendomi conoscere tutti i locali del luogo, mostrandomi la sua casa, il centro massaggi della moglie e l’accesso al mare…luogo carino devo dire e senza turisti.
Per ringraziarlo gli offro una birra e comincia a parlarmi della sua vita...tutta!
Vive ormai qui da anni e lavora come carpentiere per una ditta inglese che opera in Thailandia, è sposato con una thailandese e non ha alcuna intenzione di tornare a casa, fa di tutto per rimanere qui...
L’impressione iniziale non mi dava molta fiducia ma come al solito non devo mai guardare troppo l’apparenza, alle volte ancora lo dimentico.
Saluto Edge e lo ringrazio, ci vediamo in giro ok???...ummm, vediamo Edge, vediamo...
Per cena cerco un luogo nei dintorni, non mi va di star fuori e vorrei scrivere un po’, ma la cosa si rivela più complicata del previsto.
Mi metto sulla strada poco lontana dalla g.h. ma per trovare il primo ristorante devo fare 2 km tra negozi chiusi e go go bar per thailandesi con musica a cannone e ragazze in shorts, finalmente ne trovo uno anche piuttosto carino di fronte ad un albergo, ma in giro nessuno straniero.
Mentre torno indietro rifletto sul cosa fare, qui non è male ma non mi va di spendere soldi in un luogo del genere e medito di partire domani, o no?
Torno in stanza e dopo essermi lavato vado a prendere l’asciugamano pulito e piegato sul letto con altre cose sopra.
Due asciugamani, una saponetta, il telecomando della tv (ammazza che stanza) e due preservativi…(?)
Mentre mi asciugo mi guardo intorno pensieroso, come mai due preservativi sul mio asciugamano?
Pareti rosa salmone, letto matrimoniale celeste (come la lampadina notturna), ventilatore sulla sinistra e specchio lungo orizzontale sulla destra…e due preservativi…miiiiiiiiiii
Credo di aver capito dove sono, qui non è male però....domani parto per Krabi!!!!

Andrea, Ko Samui