1° Parte
Sono più di sei mesi ormai che viaggio in solitaria e senza sosta, ancora non ci credo che tutto questo stia accadendo realmente.
Tanti sono i desideri ed i sogni che ognuno partorisce fin dall’adolescenza e riuscire anche a realizzarne uno ti fa sentire bene, ti fa sorridere allo specchio, ti fa osservare la vita in modo diverso.
Certo non è semplice anzi, ci sono momenti in cui ti domandi se stai facendo la cosa giusta, se hai fatto delle scelte appropriate, lasciare tutto come l’amore, gli affetti, le amicizie, il lavoro, a che prezzo?
Alle volte è davvero difficile affrontare la vita senza sapere cosa c’è al di là do ogni tuo passo ma per quanto mi riguarda lo è sempre stato, certo con il sostegno delle persone più care è tutto più semplice, anche negli errori, nei rischi…
Ma viaggiare apre porte interiori inimmaginabili, ti cambia pur rimanendo uguale ai tuoi occhi, ti permette di affinare i sensi in molte situazioni, circostanze positive e negative, al riguardo sono stato fortunato sin ora, di negativo quasi nulla, tranne le solite visite da parte di solitudine ed inquietudine, ma ormai ho capito che con loro ci devo convivere fino alla fine.
Fine che non ha un inizio specifico, solo il percorso di ognuno.
Personalmente ringrazio quotidianamente “chiunque” per avermi dato la possibilità e la forza di fare questo passo, mai avrei pensato che nella mia vita avrei potuto “scegliere” il modo e il sentiero per viverla con più impegno possibile, ora lo sto facendo e continuo a guardarmi attorno con occhi da fanciullo, continuo a sorridere sempre e mi fa star bene.
Ed in tutto questo tempo una sola persona ha viaggiato “fisicamente” con me, Tiziano.
Non riesco a liberarmi del suo libro, quello donatomi dalle mie amiche e colleghe prima di partire, ormai lo avrò letto 5 volte ma ancora non mi stanca, anzi ho deciso, arrivato a Luang Prabang, di dedicare parte del mio soggiorno ripercorrendo il suo 17 anni dopo, una piccola dedica, un infinitesimale e personale tributo ad un uomo davvero unico.
Arrivo nella cittadina e l’aria è pacifica anche se tremendamente calda.
Monasteri ovunque al pari dei caffè, agenzie turistiche e guest house, quest’ultime forse sono più dei monasteri…
Passeggio per la città percorrendo la riva del Nam Khan fino alla confluenza con il Mekong, tra monaci in completo arancione che lavorano la terra sell’altra sponda, i pescatori con le reti e le barche di legno che si spostano continuamente, alcune piccoline, altre maestose, “turisticoidi” direi.
Tutto è placido, tranquillo, fino a che non torno nella via centrale poco prima del tramonto e tutta la strada è occupata da bancarelle e gazebo, centinaia di metri invasi dai venditori, proprio dinanzi ai templi e alla collina Wat Pusi.
Proprio da quella collina, al tramonto, solo in mezzo alla natura tra pace e quiete osservando i due fiumi convergere, cita un passaggio del libro Siddharta (libro che amo particolarmente, fu il mio primo libro, il primo di una discreta serie…) e descrive quell’ attimo in modo profondo, tanto da creare una superba immagine nella mia mente.
Decido di salire sulla collina, oggi.
Sfiancato dalla gradinata arrivo all’ingresso, a pagamento ora…questo non me lo avevi scritto.
Continuo e arrivo in cima, ad attendermi un piccolo tempio, un nutrito gruppo di turisti e residenti, e dei simpatici quanto rumorosi marmocchi che spezzano l’incanto di un tramonto davvero suggestivo, anche per coloro che si arrampicano ovunque per le foto di rito!!!
Addio quiete e serenità, però è splendido davvero, si osserva circolare tutta la città, i picchi e il paesaggio incantevole; lo è anche per le varie statue di Buddha e “santoni” che si incontrano scendendo dall’altro lato, dove si trovano le rovine del Wat Pha Phutthabahe, ed un inquietante piede di Buddha all’interno di una buia caverna, enorme quel piede, non credo sia originale.
La mattina dopo all’alba (le 5), mi sono alzato per vedere …lo struggente spettacolo di centinaia di bonzi che escono dai monasteri e sfilano lungo l’acciottolato per ricevere le offerte di cibo dalla popolazione inginocchiata…
All’uscita della mia guest osservo il mercato che già brulica di persone, un mercato davvero interessante con pescioni ancora vivi e prelibatezze varie, comprese le famose bacamostrocavalette che avevo incontrato nel ristorante di Savannakhet; arrivo e mi piazzo dall’altra parte della strada, non dove passano e ricevono offerte, subito delle signore cominciano a vendermi cibo da offrire ai bonzi, io declino un po’ infastidito.
Poco prima dell’arrivo dei bonzi, mentre l’alba colora le vie e centinaia di meravigliose farfalle bianche invadono leggere la strada, comincia ad arrivare una discreta quantità di turisti che si fiondano dalle signore (coloro che dovrebbero effettuare l’offerta) per acquistare pugni riso, dolcetti e quant’altro da offrire.
Cioè, dove dovrebbe esserci la popolazione inginocchiata sulle stuoie, ora ci sono i turisti che comprano a cifre astronomiche dalle stesse il cibo e poi si fanno fotografare mentre lo “offrono”; quella che è una tradizione locale, cioè il dividere il cibo con coloro che hanno un ruolo importantissimo nel tessuto sociale e spirituale, è divenuto un oltraggioso (a mio modo di vedere) sfondo per turisti.
Sono rimasto impietrito, non volevo nemmeno scattare una foto, ma ne ho fatte un paio in lontananza per non dimenticare!
Che facce avevano i monaci, con che occhi assistevano a quello scempio tra flash e vicinanze inopportune, quelli non li dimentico.
Mi sono vergognato molto.
Devo dire che a differenza dei posti visitati sin ora nel paese il nord è un po’ diverso, sia per la presenza di turisti, che per i prezzi e l'atteggiamento dei locali, per carità sempre gentili e sorridenti ma votati molto di più verso il turismo.
Fortunatamente di divertimenti occidentali non ce ne sono molti, tranne qualche bar o pub il quotidiano è assolutamente lao, la sera ci si riversa per la via principale a fare shopping (solita immagine, lei che indica e sfreccia, lui depresso e carico di buste in mano, tutto il mondo è paese, impietoso) o si passeggia nel mercato tra le specialità dei vari chef, io ovviamente vivo al mercato che nonostante la presenza di parecchi stranieri è sempre frequentato da locali.
Una sera mentre sbranavo un polletto allo spiedo, cioè pinzato col bambù, ho fatto due bizzarre conoscenze, Peter australiano sessantenne in vacanza con la moglie e Steve.
Peter un uomo incredibile con una vita passata davvero curiosa, ha lavorato per il governo australiano facendo non si sa bene cosa, poi si è costruito una barca, da solo, e ha fatto il pescatore per 10 anni fino a quando non hanno aumentato le tasse, poi si è aperto un ristorante che attualmente ha affidato in gestione a dei ragazzi e che gli rende un discreto mensile, ora viaggia con la moglie, quando lei non parte per l’Italia da sola, è innamorata del nostro paese; nel tempo “perso” si godono la loro casa vicino Crains, costruita da loro ad impatto ambientale zero, producendo energia da pannelli solari e dal fiume vicino casa.
Usano quasi esclusivamente prodotti del loro orto, un “orto” di 5 ettari (lui lo chiama il giardino davanti casa…australiani!) e si godono tranquilli la “pensione”…positivi e sorprendenti.
Steve invece è un personaggio vero, anche un po’ schizzatello, viaggiatore Irlandese di quarant’anni circa partito 25 anni fa da casa senza un soldo, vive e lavora ovunque nel mondo, maggiormente U.S.A., Mexico ed Europa, qualunque mestiere possibile, tuttologo.
Abbiamo passato una serata interessante, per me piena di informazioni e consigli di ogni genere, ed ennesima dimostrazione della possibilità di decidere molto spesso il proprio destino, illuminante.
To be continue…
Andrea, Luang Prabang
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