Dopo due inquietanti giorni di disperazione interiore in quel di Dong Ha decido che è ora di abbandonare il Vietnam, niente sud cozza con il mio itinerario quindi direttamente in Lao, Shavannakhet.
Partiamo con un bussetto infarcito di turisti raccattati da varie agenzie (che hanno pagato il doppio il biglietto) ed un nutrito numero di locali che appaiono inspiegabilmente.
Arriviamo al confine che siamo una ventina, ripartiamo e il bus è talmente pieno da necessitare gli immancabili sgabelletti in mezzo al corridoio…mah.
Il confine è sempre il confine una di quelle esperienze “vere” del viaggio via terra, si materializzano continuamente disturbi.
Persone che ti passano davanti senza la minima preoccupazione, passaporti infarciti di moneta locale debitamente svuotati dalle forze dell’ordine, pacchi e sacchi che svuotano e riempiono i bus, turistici o meno, montagne di banane verdi con le ruote, moto e persone che sbucano nel mezzo dei 500 mt nella terra di nessuno, quelli che solitamente si attraversano quando si esce da un paese e si entra nell’altro, il tutto sotto gli occhi della “legge”, uno spettacolo solo per questo, serenità J.
Il paesaggio cambia a poco a poco mantenendo però la costante pienezza della natura, le case sono “palafittate”, in legno, con sotto amache (ovviamente) e “pianali” di legno con famiglie e animali a riparo dal sole.
Il caldo si fa sentire anche qui, si suda stando immobili all’ombra.
Sistematomi giro subito per la cittadina e nonostante parecchie similitudini con il precedente paese qualcosa cambia.
La pace, il silenzio, zero traffico e clacson, sorrisi e saluti.
Templi buddisti diversi, colorati, grandi e con i monaci in tenuta arancione e gialla.
Faccio subito due passi lungo il Mekong e dall’altra parte vedo la Thailandia, è così vicina da poterla quasi toccare.
Osservo anche i ponti, quelli “dell’amicizia”, che hanno definitivamente aperto il Lao al mondo e non mi riferisco a quello culturale, ora è terra tra la Thailandia e la Cina, scambi commerciali e influenze, in soli 4 anni già si percepisce quel che accadrà…
La via principale della città, che poi è un paese allargato, già ha subito metamorfosi, ristoranti e internet point per turisti, banche e atm, e pensare che mi avevano detto della quasi impossibilità di comunicare e utilizzare carte, macché.
Fortunatamente sono pochi e nonostante la quantità di suv, Mercedes e businessman occidentali in bermuda, la popolazione è assolutamente reale, i bimbi più piccoli corrono nudi, i più grandi scalzi, gli adulti spalmati sotto le case, relax.
Anche coloro che lavorano nella via sono “atipici” nessuno ti stressa o tenta di alzare i prezzi, sono pacati e sorridenti, disponibili e gentili, lao.
Per la prima cena ho scelto un modesto ma attraente ristorante vegetariano con tanto di divieto di fumo.
Ordino un sublime fried rise with vegetables, il più buono mai mangiato in viaggio, la "bibbita" offerta dalla casa, acqua e limone.
Mentre gustavo questa deliziosa armonia tra riso, erbe di campo, funghi freschissimi e domate spezie, noto una presenza…nel centro della sala del “ristorante” illuminato a festa una specie di bacamostro giocoliere, lo osservo correre lungo il bordo sotto i tavolini, arrivato al centro della sala, dalle mie parti, ha cominciato a saltare su se se stesso, un po’ cretino.
Inizialmente mi sembrava una blatta ma era troppo grande, poi ho notato che era una specie di cavalletta ma sempre troppo grande, come un criceto.
Mi arresto dalla degustazione e faccio notare al “manager” del locale che passeggiava scalzo da quelle parti la presenza, in maniera discreta, come per dirgli che carino…lui lo guarda, si accuccia, lo prende con le dita e lo porta alla bocca…poi guarda me ridendo e dice questo lo mangiano in molti qui da noi, e lo riposa dov’era.
Bene penso io, questo era il miglior riso mai mangiato in 6 mesi…comunque lo finisco e rapido lascio la locanda.
Prima impressione del Lao? Se non piaccio gli insetti evitare, sono molti, tanti ed enormi.
Dopo 2 giorni di assestamento parto per Thakhek per visitare la zona circostante tra colline e caverne “imperdibili”, ma il meteo ricomincia a fare capricci e la mattina della partenza in scooter diluvia terribilmente e considerando che le strade non sono strade ma lingue di terra rossa facilmente “fangabile” decido di desistere e non perdere tempo, parto per Vientiane.
Sul bus pubblico entro nella realtà, paradossalmente è il più largo mai vissuto dalle mie gambe sin ora nonostante la statura media dei locali, i sgabelletti sono ormai una necessità, senza non si parte, come il carico che in questo caso "appesa" il tetto del bus in maniera esagerata, mobili, derrate alimentari, sacchi, scooter, anche se il top è stato il motorino accanto all’autista… le fermate sono parecchie più che altro per ventilare il motore incandescente e svuotare i residenti, naturalmente in mezzo alla natura… all'incirca ogni ora, poi la sosta “all’autogrill” per il pranzo.
Naturalmente le autostrade non esistono quindi la sosta avviene nel paese sulla via, un agglomerato di mercanti di brace, tutti con le stesse pietanze, interi polli allo spiedo glassati (con una salsa sublime che devo capire…ma devo?), spiedo di pesce intero, blocchi di suino spiedati quasi interi, riso e carne incartati in foglie, ect…uno spettacolo, ci saranno in 10 metri 20 commercianti tutti con le stesse identiche cose e ognuno decide dove fermarsi senza problema…cultura!
Ma il top lo abbiamo raggiunto alla sosta in una stazioncina, in un nano secondo si sono materializzate decine di donne con le mani piene che da sotto il bus sventolavano spiedi di pollo, riso in busta, uova sode, maggiolini allo spiedo, rane giganti allo spiedo, bibite e dolcetti…questi ultimi mi hanno impressionato..comunque tutti i compagni di viaggio si agitavano per il succulento snack, indoviniamo…
Arrivo a Vientiane e mi rendo conto subito del perchè sia la capitale più tranquilla al mondo, non solo perchè in tutto il paese si contano circa 6 milioni di abitanti... è davvero graziosa, tranquilla, ben tenuta e pulita, piena di templi e con un'aria davvero rilassata.
Inizio a girare per la città ma il caldo è davvero insopportabile, decido di rinfrescarmi bevendo una birra J, la famosa beer lao.
Praticamente tutto il paese e tappezzato di pubblicità e casse gialle che viaggiano o risiedono ovunque, e in poco tempo capisco perché, è in assoluto la bevanda più consumata da tutti i lao.
Dopo il lavoro, anche prima a dire il vero, moltissime persone si riuniscono nei ristorantini e nei bar all’aperto tra ventilatori e stuzzichini, tutti i pomeriggi ci ritrova li, uomini, donne e ragazzi per stare insieme parlare e divertirsi, naturalmente tutto nella più assoluta tranquillità e serenità, come in molti luoghi visitati sin ora.
Mi dirigo lontano dalla via principale e individuo una vietta con molti di questi locali e senza stranieri, ne scelgo uno tranquillo e ordino; seduto col mio birrino, al riparo dal sole e con un ventilatore a donare frescura, un signore comincia a parlarmi dal tavolo di fronte facendomi le solite domande e subito ah beautiful Italy, football, food… la solita insomma, gli amici accanto gli parlano e lui “traduce” tra brindisi e sorrisi, dopo 5 minuti arriva un altro amico che con un inglese più convinto mi invita al loro tavolo e dopo poco mi ritrovo nel girone bere lao.
Passiamo il pomeriggio insieme tra birra, secchielli di ghiaccio (la bevono solo così) e piatti di erba di campo condita con qualcosa, alle volte grasso di carne; sono autisti/guide che lavorano per una compagnia italiana (non proprio entusiasti dei salari), in Lao ci sono centinaia migliaia forse di questi mini van che scorrazzano turisti in giro per il paese (non solo turisti a dire il vero), dall’aeroporto all’albergo o da città a città oppure ingaggiati tramite agenzia da gruppi di turisti per vedere il paese, cominciamo a parlare del loro lavoro e si domandano come mai tutti vogliono andare a vedere sempre i soliti posti, il Lao è bellissimo mi dicono e ci sono realtà rurali molto più interessanti e vere da visitare, vero dico io, ma è anche vero che per farlo bisogna affittare una macchina, anzi un minivan con autista, e non tutti se lo possono permettere.
Viaggiare con il trasporto pubblico è più conveniente e le strade ovviamente attraversano quelle mete, le principali del paese insomma, le più note e meglio organizzate specialmente per il fai da te, vero è che qualcosa si perde però per chi è in vacanza e non può stare tre mesi è l’unico modo per visitarlo, poi si possono sempre fare escursioni quotidiane tra i vari villaggi.
A dire il vero parliamo anche di queste cose per via del loro progetto, aprirsi un agenzia e organizzare tour a modo loro così da mettersi in proprio e aiutare anche i villaggi più isolati sfiorati distrattamente dal turismo, nobile progetto ma aimè la realtà è che mancano le finanze (eh, quanto vi capisco) e via via parliamo tutta la serata, delle condizioni del paese, della vita familiare, dell’apertura al mondo esterno e dai possibili (probabili) cambiamenti del loro stile di vita, già ora mi dicono che tutti iniziano a sognare la casa grande, il macchinone, l’orologio…gli faccio notare che in città ci sono solo suv, jeep, mnivan e tuc tuc, credo sia un inizio…
Le nostre chiacchierate al tavolo pomeridiano sono continuate per tutto il soggiorno, ci siamo visti nei giorni seguenti e passato davvero dei bei momenti tutti insieme per "l'aperitivo", oppure alcuni esilaranti come al mercato vicino alla grande stupa, alla bancarella dei dvd e cd pirata di un loro amico (assolutamente legali qui) con tutta la famiglia (una ventina), tra karaoke lao e duetti italo melodrammatici, vendita di cd da parte del sottoscritto, pietanze mai viste (hanno tentato anche con i maggiolini alla graticola ma non sono ancora pronto), e discorsi di vite quotidiane, sempre più personali in un ambiente cordiale e umano, davvero un grande incontro.
Certo la città l’ho vissuta pochino, ma gli abitanti mi hanno lasciato un grande ricordo e soprattutto fatto capire qualcosa del paese, molto anzi.
È proprio vero quel detto francese...
“i vietnamiti piantano il riso, i cambogiani lo osservano crescere e i laoitiani lo ascoltano”.
Andrea, Vientiane
Ciao Andrea,
RispondiEliminaogni tanto vengo a trovarti quì sul blog e mi sembra di perdermi in quei paesaggi straordinari.
Un saluto e un abbraccio
Laura Attorre & Family
Quando si dice tempo reale...
RispondiEliminaChe piacere leggerti, mandami la tua mail ok?
E saluta di cuore Salvatore e Ida.
Un abbraccio grande a tutti voi.