"Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché.
I loro desideri hanno le forme delle nuvole."

Charles Baudelaire

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venerdì 28 maggio 2010

Un soggiorno per "due"

2° parte
Quasi tutta la vita del sud est asiatico si svolge a ridosso di un fiume (non solo la loro ovviamente), per il Mekong è un discorso più serio, tutto ruota intorno a lui, pesca, monasteri, locali, mercati, divertimento e quant’altro…il Mekong rispecchia l’immagine vita.
Scrisse…presi una barca e risalii il Mekong verso le grotte di Than Ting con i loro 7000 Buddha…cosa fare?
Saltati i lestofanti sulla riva che chiedevano 200 kip mi imbatto in quelli di una agenzia (la quindicesima), avevo girato per la riva per tre giorni proprio in quel punto ma non avevo visto il cartello perché in lao!!!
Quindi pago 70 invece che 40…demonio inside….lo so, sono pochi centesimi ma non è da me.
Quindi di buon’ora vengo caricato su una barchetta da 8 posti con 4 stranieri, io non lo sono, io calpesto.
Risaliamo l’imponente fiume controcooreente tra bufali al bivacco, pescatori improvvisati, bimbi ignudi a godersi le gioie dell’infanzia e splendide case appartenenti al paesaggio, proprio parte di essa, tutte in legno con tetti di paglia, un dipinto, quasi malinconico con tutto il suo verde pastello gli alberi in fiore rossi ed il cielo celeste tra i promontori lontani, artistico.
Dopo due ore di lenta agonia, anche per il motore, arriviamo alla grotta…avevo visto un immagine dell’epoca in cui casualmente è stata scoperta, molto suggestiva; la prospettiva è bellissima, a circa 20 metri dall’acqua si vede l’apertura nella roccia che da sola accende le fantasie.
Saliamo dalle scale e ci sono già troppi lavoratori, tre al biglietto, 2 sbivaccati all’ombra degli alberi e una donna che con la solita scatola “donazioni” ti chiede soldi…umm, quanto no mi piacciono queste cose.
La grotta non è grandissima ma interamente sommersa di statue raffiguranti il Buddha, di tutte le dimensioni e di tutti i materiali…si perché durante la guerra fu saccheggiata e molte statue trafugate, stupide guerre.…ora sono state rimpiazzate con materiali di ogni tipo, dalla roccia, al legno fino a quelle di plastica, pongo, lego e addirittura una con la palla di vetro (di plastica), come quelle che si agitano con la “neve” dentro (?).
Però il luogo respira della sua sacralità comunque.
Ci sono anche le stecche di legno con quale si interroga la divinità riguardo al proprio futuro...
Lentamente, con le mani giunte, si scuote un bussolotto finché una delle tante piccole stecche di bambù che stanno dentro non cade per terra. Ogni stecca ha un numero, a ogni numero corrisponde un foglietto di carta con un messaggio…
Dinanzi alla statua del Buddha, una volta effettuata l’offerta alla tipa e privatamente alla statua, ho acceso le bacchette di incenso e con le mani giunte portate alla fronte - evitando di darmi fuoco - le ho inserite nel vaso, finito il rito mi sono diretto verso il bussolotto.
In realtà è una sorta di porta penne di bambù con all’interno stecchette non tanto più alte del bordo, non ricordavo di preciso il rituale (ed ero l’unico a farlo), ma scuotendolo ho pensato di poter generare un kaos inappropriato stile mikado quindi ho chiuso gli occhi e preso una delle tante bacchette di bambù…n. 18, ho preso il bigliettino dalla bacheca e sono andato alla caverna superiore.
Il messaggio dice:
….
……..
………………
è in lao e non ho trovato nessuno in grado di tradurlo!!!!!!
I pochi figli di lao che sanno l’inglese mi hanno detto che essendo in “buddhista” l’interpretazione  del messaggio cambia…insomma porterò con me questo foglietto a spasso per i continenti (i miei) senza sapere mai nulla! Vita amara.
Le mie giornate procedono tentando di organizzare il futuro, cosa fare?
Le ipotesi sono molteplici, vorrei andare più a nord, Muang Noi per la precisione, e da li continuare però parlando con coloro che ci sono stati, e la mitica mamy della g.h., mi è passata la voglia, non solo per la massiccia presenza turistica ma anche per la costrizione ad effettuare trekking con agenzie e permessi salati (per me) quindi decido di rimanere qualche altro giorno a Luang e continuare il “nostro” percorso…per la precisione la tomba di Henri Mouhot colui che scoprì Angkor Wat, lo straordinario e misterioso sito in Cambogia, e che morì poco dopo proprio a Luang Prabang perché colpito dalla malaria, aveva solo 35 anni...come me.
Andarlo a trovare era stato per me molto più semplice, mezz’ora di macchina in direzione Ban Noun; poi una decina di minuti a piedi giù per una scarpata, su un sentiero ormai invaso dagli arbusti…
Per me non sarà così…
Ho deciso di andare direttamente in Thailandia e mi sono informato sul come.
La slow boat che risale il Mekong fino al confine ci mette due giorni con sosta di una notte, a tue spese, a Pak Beng, poi si arriva a Huay Xai quando il confine è chiuso quindi un’altra notte, il costo va dai 230 ai 270 kip solo per la barca, in più devo calcolare cibo e pernottamenti per due giorni.
Per il bus, mi dicono le fuk…agenzie, che il prezzo è 170, tutte, si parte la notte e si arriva all’alba, io non mi fido più nemmeno della mia ombra e decido, per andare alla tomba di Mouhot, di affittare una bici così da passare anche alla stazione dei bus per informazioni e prezzi.
A dire il vero volevo uno scooter ma il prezzo va dai 12 ai 15 $ al giorno, benzina a parte, quindi opto per la bici; la sorella di mamy mi mostra la scelta, mountain bike da 5 $ o…lei, rossa e con il cestino sul manubrio…la graziella lao, 1$.
Opto per il fascino del dolore, è il mio percorso di vita…a dire il vero ha anche il sellino bello alto proprio per me, peccato che al posto della levetta per regolarlo c’è il bullone…ma va bene mi sta a pennello, andiamo!
Parto verso le 13 orario perfetto circa 40°, decido per prima cosa di andare alla stazione distante 4 km, attraverso il ponte di ferro solo per pedoni, bici e scooter.
Come battistrada due tavole di legno affiancate e rischio di lasciarci la vita con i motorini dietro che sgasano e suonano, maledetti…
Il simpatico bigliettaio appassionato di thai boxe mi dice che il biglietto per il confine costa 100 kip, mentre segue un incontro con altri dieci colleghi “sfancacchiati” e fomentati alle sue spalle, 70 in meno delle agenzie e che non c’è problema di prenotare, vieni qui paghi e parti, easy Lao.
Perfetto.
Decisione presa niente boat un paio di giorni in più qui e via diretto in Thai!
Sotto un sole poco amico riparto con  la “grazia“  verso il paesino di Ban Phanom tra smog, camion e folate di terra che appannano la mia vista e i miei bronchi, trovo il bivio, in salita, procedo pedalando in piedi non avendo marce fino alla fine della salita proprio dinanzi ad un tempio, davanti una discesa terribile e poi un’altra salita e cosi via, capisco subito che sarà una giornata complessa.
Mi involo giù per la discesa tra le curve ed arrivo al paese, un cartello indica la direzione della tomba peccato che sia proprio in mezzo a due strade, una asfaltata ed una no, mi fido della seconda.
Sono finito nei meandri del paesello tra buche pecore e galline, arrivo davanti ad un tempio e a pochi metri da li sento una chitarra strimpellare, seguo il suono ed è in braccio ad un ragazzo lievemente stonato che con i suoi amici mi guarda e mi saluta, io chiedo info riguardo la tomba in inglese ma con la pronuncia francese, sorridono mi guardano e ridendo rispondono in lao, un fallimento, mi offrono acqua almeno, bravi.
Però sento il fiume Nam Khan scorrere dietro la folta vegetazione, sono sulla buona strada… buona.
Continuo e sbuco di nuovo sull’asfalto giù tra discese e salite..
La tomba dovrebbe essere a circa 4 km da qui ma non vedo più segnali, cartelli, nulla, solo discese e salite tra curve e vegetazione, un sali e scendi continuo, cioè scendo in salita e salgo in discesa...
Proseguo ma ad un certo punto proprio mentre ero fiondato in discesa per affrontare la prossima salita si interrompe l’asfalto, di netto, di colpo mi ritrovo sulla terra rossa tra buche e rocce, non so come non mi sono schiantato, mani strette sul manubrio e gambe dritte….da film comico.
Sfiancato e lievemente “strippato” mi fermo e ragiono, ho fatto più di 2 km su e giù e non vedo segnali forse ho sbagliato strada, ci penso e torno indietro.
Tornato al paese mi imbatto nel micro cartello che indica la direzione della tomba, era sulla sinistra della strada cosi piccolo e così allineato alla stessa da non vederlo, impossibile farlo.
Mi rifermo respiro e impreco un pochino, riparto, si, riparto perché sono di legno anche se il sole mi sta lentamente bruciando mentre la maglietta di nic colora la mia cute di viola...
Ripercorro la via e la strada è sempre peggio, un sobbalzo continuo sul sellino della graziella dove le mie natiche rimbalzano continuamente, rimbalzano…il sellino comincia ad abbassarsi e la cosa non mi piace.
Sono in mezzo alla foresta tra terra battuta e qualche sporadico scooter che passa, il caldo è davvero infernale e decido di fermarmi al “pit stop lao”.
Si una simpatica struttura di bambù o legno con il tetto di paglia tipica di questo paese, se ne incontrano ovunque in strada, in campagna, in città, le persone sostano qui nelle ore più calde, davanti le case sono come delle verande aggiunte, mobili, quasi sempre sul bordo della strada e dalle 12 alle 16 è normale vederci spalmati i maschi locali con la maglietta tirata su per una siesta…ovunque!
Continuo sulla strada tremenda e dopo mezz’ora arrivo al cartello che indica la tomba, stavolta è enorme.
Parcheggio il mezzo semi finito, lui,  e mi dirigo lungo la scarpata in mezzo alla foresta, ci sono due strade una va giù verso il fiume una su verso la collinetta, no so perché vado su.
Finita la scarpinata scendo verso lo slargo e...eccola li, di cemento bianco, la tomba di Henri Mouhot 149 anni dopo...scendo e mi porto verso la riva, la osservo dal basso, dallo stesso punto 17 anni dopo Tiziano, a 20-30 metri dal fiume, alle sue spalle un grande albero e alla sua sinistra un “ciuffo” di bambù rigoglioso.
Essere li tra il fango e l’altura è come porgere omaggio a due anime, non una, nella stessa immagine vedo il tumulo di cemento di un grande esploratore e quello immaginario di un esploratore diverso, sognatore, un mentore poco considerato dei nostri giorni…
Nulla è mutato stavolta in tutto questo tempo, tutto è esattamente come descritto e sono li solo ad osservare la stessa immagine e a condividere lo stesso pensiero riguardo ai sepolcri; non so perché ma ne sono sempre stato affascinato, li trovo così rassicuranti, pacifici, luoghi sicuri da scoprire come le centinaia, migliaia di vite, foto in bianco e nero, frasi impresse per descrivere un’esistenza, marmo, ferro o cemento, quel silenzio dai suoni sinceri, luogo di pace, ascolto.
Sembra folle per molti ma io ho sempre apprezzato la loro sacralità, li trovo confortanti.
Poco tempo mi concedo in quel luogo, profondo ma breve; come in nessun luogo del paese le zanzare mi hanno letteralmente divorato in pochi minuti e mentre camminavo, sfacciate.
Ripercorro la medesima strada, salite e discese di una strada sfiancante con il sellino sempre più basso, le ginocchia mi sbattono sul manubrio, mi sento come Cipollini al giro d’Italia col triciclo, ma è talmente esilarante che rido da solo, nonostante la fatica sia stata impressionante in questa giornata ho provato una forte emozione oggi, per tanti motivi i pensieri si sono susseguiti veloci, profondi,  almeno qui tutto è rimasto immobile, reale, immutato, senza "inquinamento" alcuno.
Domani parto per il confine, il mio tempo qui si è felicemente esaurito.

Andrea, Luang Prabang

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