"Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché.
I loro desideri hanno le forme delle nuvole."

Charles Baudelaire

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sabato 16 gennaio 2010

La sostenibile normalità dell’essere….




Dopo lo stordimento sensoriale di Varanasi decido di partire in direzione Kolkata (Calcutta, ho proprio bisogno di distendermi eh…), tanto ormai ho capito in questo viaggio niente sud, è troppo vasto, troppo, questo paese specialmente per i sensi, ogni luogo ti lascia qualcosa dentro, non mi sposterei mai, c’è sempre da scoprire, vedere, capire, ma non posso ed è proprio per questo che ho esteso il visto di soli 30 giorni altrimenti sarei rimasto molti mesi qui e non è il momento, la strada è lunga e ho una gran voglia di percorrerla…
Ma prima di Calcutta la mia mission impossible interiore non può prescindere da Bodhgaya, luogo in cui  il principe Siddhartha è diventato Buddha, mèta di pellegrinaggio continuo per i buddisti di tutto il mondo specialmente da novembre a febbraio, nonché mèta turistica invernale del Dalai Lama, magari mi illumino di immenso anch’io…niente benzina ragazzi eh!!! J.
Il viaggio in treno è stato un po’ a scrocco, non c’era posto e come al solito ho preso il biglietto open, economico ma drammatico, non hai posto e ti devi affidare sempre alla sorte ed al buon cuore dei t.t.e. (controllori), ma fortunatamente una famiglia mi ha preso in consegna nel  loro vagone grazie al mio made in Italy, una benedizione in questo viaggiare per l’India, Sonia Ghandi la adorano tutti (ad essere sinceri in tutti i paesi fin’ora visitati, mai stato così orgoglioso di esserlo).
Arrivo purtroppo in ritardo a Gaya cittadina anonimo trash che dista 13 km da Bodhgaya e nonostante gli avvertimenti della famiglia in treno decido caparbio di contrattare con un risciò, in effetti avevano ragione loro, la strada è brutta loro guidano da folli e c’è la nebbia, ma fortunatamente alle 23 arriviamo e mi faccio portare alla prima stamberga della guida senza insultarli, il mio karma sta karmo ormai…
Il paesino è spento, tutti dormono ma riesco a svegliare il ragazzo notturno della g.h, purtroppo come sempre ormai, le tariffe sono diverse e mi chiede 400 rupie fino alle 8 del mattino seguente, ma sulla lonely (la butto giuro!!!) si parte da 150 a notte?, si c’è una stanza ma…mi porta sul tetto del fabbricato ancora in costruzione, apre una mezza porta di legno tenuta da una cordicella e davanti una stanza di mattoni rossi e cemento senza finestre, cioè con i buchi ma senza vetro, un’amaca e una zanzariera a coprirla, questa 150 rupie…devo puntualizzare che questa cittadina è circondata da una palude che si mescola con gli scarichi e le discariche a cielo aperto…tradotto, ci sono più zanze da un kg qui che in tutto il comune di Firenze a luglio (Firenze!! chi la conosce può capire), declino e mi avventuro nella notte buia tra le casupole di mattoni senza illuminazione, a guidarmi il fiuto, che non si può descrivere, e il bofonchiare dei suini, che non vedo nell’oscurità  ma sento…


Tutte le g.h. sono chiuse e i “portieri notturni” dormono serafici al di là del vetro mentre io tento di farmi sentire in tutti i modi, nulla ronfano che è una bellezza, ormai sfinito ne trovo una con una tenda alla porta, la scanso e urlo nel buio sorryyyyyyyyy....il tipo salta dal divano e mi dice di entrare, ha una stanza e costa 700 rupie, ma vista l’ora me la da per la metà…bravo.
Esausto entro in camera, carina, nuova, grande, macchiata su tutti i muri da poco rifiniti, macchie rosse immense, una carneficina, e tra loro macchie nere, tante, i miei coinquilini che con la mano tento di scansare, mai visto nulla di simile…accendo il mio nuovo annienta zanze comprato in Rajhastan, una specie di baygon da parete ma così potente da sciogliere il muro sopra la presa, immagino i miei bronchi…ma non fa niente, devo dormire.
Il giorno dopo esco in cerca di una nuova dimora ma è tutto pieno o costoso, mi rivolgo anche ai templi dei vari paesi ma non hanno posto, in giro migliaia di monaci buddisti, rossi, arancioni, color mattone, moltissimi, ogni tanto qualche europeo con la coperta a mò di monaco, brutti!
Alla fine trovo la mia g.h. proprio vicino alla prima, dignitosa ed accettabile, in più il gestore è troppo simpatico e gentile, bene così.
Finalmente riesco a capire dove sono finito ieri sera, si tratta di un insieme di case quadrate colorate ai margini del paese tra la palude e il nulla, abitate per lo più da indiani locali e tra loro qualche gruppo di monaci e famiglie nepalesi, tibetane e bhutanesi, immagino ospitati per il periodo…molto semplice, povero oserei dire ma con la solita generosa quantità di sorrisi e saluti, e senza money money.
Bodhgaya è bella, sembra di essere in un luogo lontano, tutto è buddista ed ogni paese ha qui un suo tempio in onore del sacro luogo, dal Giappone alla Thailandia, dalla Birmania al Vietnam, dal Tibet al Nepal e così via, ognuno luccicante, curato, alcuni hanno anche ospedali e scuole gratuiti per i poveri, si tra i meravigliosi ordinati templi e le strade ci sono intorno i soliti slum, tende o pseudo baracche dove vivono le persone povere in India, sono ovunque, sempre.
In più c’è anche un simpatico mercatino tibetano, colorato e gremito proprio nei pressi della “stazione” dei bus turistici, prima della mia zona, intorno dei ristoranti baraccati, la sera sono entrato in quello nepalese, mi sembrava il più affidabile e poi non mi va di cenare tra turisti.
Ovviamene dentro solo ed esclusivamente nepalesi rimasti un attimo a bocca aperta quando con estrema disinvoltura sono entrato e mi sono seduto su una tavola di legno con loro, appena entrato il padrone un po’ sbalordito mi urla dalla cucina, mi dice in una specie di inglese aborigeno,  abbiamo solo *** e ***…va bene, ho fame, portane uno.
Mega scodellone di noodles fatti a mano con verdure e carne di…non so, buono e assassino, per la zanza  affogata dentro, i tipi intorno mi guardavano sbalorditi alla fine uno mi ha fa cenno di provare la salsa rosso fuoco sul tavolo, che loro spargevano abbondante nei loro piatti, l’ho fatto e fortunatamente in piccola dose, drizza i capelli…devo approfondire la cosa non appena in Nepal.
Il cuore pulsante del paese è naturalmente il Mahabodhi Temple, al centro il tempio con il Buddha d’oro, intorno terrazze di prati e scalinate dove pellegrini e monaci camminano continuamente, nello stesso senso, girando le piccole ruote della preghiera d’orate,  al centro, intorno al sacro albero, ci sono i monaci che recitano i mantra in maniera ipnotica, ogni tanto qualche strumento che accompagna poi di nuovo le preghiere, tra i prati e fiori in offerta sono tutti intenti a pregare o meditare, tra loro anche qualche occidentale, tutto sembra surreale, magico…ma a ricordare dove sei, all'uscita, gli indiani che affollano il perimetro costituendo un immenso mercato di ricordini, oggetti, cibo, immagini di sua santità ovunque, dvd, mendicanti, bambini per lo più, e tutto quello che si può men che mai desiderare in luogo così splendido.
È stato bello vedere questo luogo, naturalmente mi aspettavo la costante turistica ad alimentarlo, ma bene, mi sono mescolato cercando di osservare e capire come sempre, un paio di monaci mi hanno intrattenuto in chiacchiere, brevi, uno giovane mi ha chiesto una moneta italiana, euro? si, lo ha visto pensando che avessimo invece monete di qualche pianeta lontano, un altro mi chiedeva Italia? Ma è grande? Ma dov’è..bene…quasi tutti i monaci che ho visto erano alloggiati nelle strutture più belle, giravano con cellulari, canon eos e orologi dorati, tranne quelli nepalesi e bhutanesi che dormivano sul tetto della mia g.h. all’aperto, c’erano massimo 10 gradi la sera e un umidità spaventosa.
Tra loro ho conosciuto un tipo simpaticissimo di Katmandu, era qui per il suo business con la famiglia, tutta, e dormivano proprio sul tetto, in tenda, gli ho detto ma come fate con questo freddo? e lui con un sorrisone fichissimo ma io sono nepalese, questa è estate (scusa ma io sono cretino).
Sono ripartiti per il  Nepal proprio la notte stessa, gli ho detto che sarebbe stata la mia prossima tappa e mi hanno lasciato il numero di telefono, il suo e della moglie, facendomi promettere che li avrei chiamati non appena al confine, davanti a tutta la famiglia, chiamaci ci conto, beh, certo...grazie
Riguardo ai monaci non posso esprimermi, non so più di tanto ma…ho cominciato da poco a leggere il libro di Terzani, "Un indovino mi disse", ed oltre a rimanere sorpreso dalle incredibili similitudini riscontrate in questo breve periodo di viaggio, nonostante a quasi 20 anni di distanza, c’è proprio un capitolo adatto a questo post, “I sogni di un bonzo”, è illuminante per certi versi e rispecchia inaspettatamente quel che penso da un po’ di tempo…libro splendido, grazie davvero ragazze.

Andrea, Bodhgaya



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