"Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché.
I loro desideri hanno le forme delle nuvole."

Charles Baudelaire

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lunedì 25 gennaio 2010

Al di là delle mie nuvole



E’  impensabile “mostrare” con i propri occhi questo paese perché ognuno di noi a modo suo ha nella mente immagini mai vissute, però…qualunque pensiero cambia forma, come spesso accade in India.

Sveglia alle 5;45, questo non lo sapevo…
Ci riunisce alla casa madre dov’è la tomba di Teresa tutte le mattine per la messa alle 6 o per la colazione alle 7, io non arrivo alle 6…
Da li chiacchiericcio volontaristico, preghiera di rito e si parte, ognuno per la sua destinazione.
Oltre me e Pablo si sono uniti altri due ragazzi argentini in viaggio per un mese e mezzo con un gruppo di missionari di Buenos Aires, giovanissimi, molto devoti e svegli.
L’unico volontario a Nabo è il denuclearizzato Peppe (Josè), persona difficilmente decifrabile oltre che raggiungibile.
Quarantaquattro anni, insegnante di astrologia per le scuole elementari, fotografo, esperto di massaggi orientali, giardiniere, clown e umano all'ennesima potenza.
Dimorato nella ciudad de Alicante, Spagna, lui dice a nord ma per me è sud, spinto dal desiderio di conoscere la creazione di Teresa e dalla crisi che ha colpito i suo paese come il nostro, ha deciso di fare il suo primo viaggio fuori dalla sua tierra proprio qui invece di barcamenarsi per trovare qualche soldo ha deciso di spendere i suoi pochi a Calcutta.
Non è semplice immaginare un italiano e uno spagnolo veraci comprendersi in una situazione come questa, tra inglese, indiano, spagnolo e…l’inverosimile prende il sopravvento.
Parlo con lui in spagnolo, con Pablo in italiano, con gli argentini in inglese, con i fratelli (che si chiamano brothers, lui li chiama hermanos, io ernanos J) in spagnolo quando tento di farlo in inglese, con i ragazzi del centro in tutte le lingue a seconda di cosa accade il giorno…ma il tutto assume una esilarante dolcezza, quasi come il destino.
Qui el cico ha incontrato una cica italiana di cui mi parla con occhi d fanciullo, credo sia proprio la stessa ragazza del pdf online trovato da me in quel di Bodhgaya, lo stesso file che mi ha portato al Modern lodge, Pablo, Kim, Peppe, Bopal (“ragazzo” di strada che vive nella “sua” meriterebbe un post, dolce innocenza in un sorriso…), la nutrita compagnia di spagnoli, la casa di Teresa, ect… cos'altro dire?
La vita è realmente il libro bianco che ognuno di noi vorrebbe scrivere, ma a volte, non abbiamo occhi per vedere…
Nel frattempo gli impartisco lezioni di italiano spicciolo, sai com’è…J




Purtroppo il suo soggiorno volge al termine, lunedì 25 gennaio ritorna a casa ma dopo aver trascorso 3 mesi tra Calcutta e Nabo Jibon senza parlare una parola di inglese che sia una, parla solo ed esclusivamente spagnolo, con tutti, taxinari, negozianti, ristoranti, giapponesi, mercanti, brothers, sisters, ragazzi di Nabo, che appena lo vedono si illuminano, ci parlano, si intendono che non si capisce, rimango allibito.
In zona lo conoscono tutti, lo salutano in strada, gli parlano in urdu, indù, bengali, inglese, marziese è surreale, presenza straordinariamente positiva nello spazio alieno, un klingon in vacanza a Pinerolo; rimango di sasso quando mi presenta la gente in strada parlandoci apparentemente senza intendersi, ma…no è una candid camera secondo me, uomo inimmaginabile davvero.
Lui è il nostro cicerone al di là della porta, come già detto è gestita dai frati di madre Teresa, 7 fissi e 8 novizi.
Colma di umanità all’inverosimile nonostante le difficoltà, i fratelli gestiscono questa casa come una famiglia, tanto che i pochi in grado di dare una mano aiutano tutti e tutto, compresi noi, nella complessa gestione quotidiana che immediata appare chiara e facilmente metabolizzata, è “semplicemente” amore.
Oltre all’assoluta preparazione dei fratelli è commovente il modo in cui l’anima, gli occhi, il sorriso ed il sacrificio vadano a sostegno del mancato…chi ha modo di utilizzare la mente sostiene chi ne ha a meno, viceversa chi non ne ha sostiene il corpo dell’altro…è difficile ma splendidamente immenso e soprattutto reale, tangibile, sbalorditivo.
Il primo giorno sono rimasto esterrefatto, mi aspettavo una situazione molto complicata, qual è, ma non così viva in ogni battito, anche coloro a cui la vita è sfuggita, per come la intendiamo noi…

Scrivere e descrivere è sacrificio, rischio senza l’ausilio degli occhi di chi legge di non essere compreso, non voglio sbagliare.

Posso dire che i fratelli sono ragazzi meravigliosi, così come l’ambiente che respira i sacrifici e gli sforzi continui di tutti coloro che attraversano il cancello lasciando alle proprie spalle ciò che si è per alcune ore, giorni, anni…il tempo, che tutti all’interno passano uguale, ciclico, ma anche, per chi può, con la consapevolezza di essere in un piccolo “paradiso” fatto di umanità, assistenza, giochi, scherzi, musica, amore e volontari, non indispensabili ma pastelli sulla grigia tela, a cui ogni tanto si “annuvolano” gli occhi  e si interrompe il respiro.

Troppe volte la ragione non capisce il progetto, l’alto progetto, e ci si ritrova nuovamente in conflitto interiore sempre maggiore, per tante troppe cose, per poi rimanere sorpresi di quante sono le sfumature nel “colorato sistema vita”.
Probabilmente aiuta più noi, anche se i loro occhi, da quelli vigili a quelli chissà dove, parlano una lingua mai sentita, e parlano tanto, tutti...
Il rischio vero è lasciarci il cuore, mettendo da parte tutti quei pensieri razionali che lo soffocano.
Sono entrato attraverso per capire, toccare e non per giudicare.
A Calcutta chiunque può andare, non c’è fede religiosa,  politica, preparazione assistenziale, medica o specifica nozione di alcun tipo, chi vuole aiutare può farlo in tutti i più umani e semplici modi, ma solo chi si sente realmente di farlo, con anima, cuore e umiltà.
Come in tutte quelle piccole cose quotidiane che lasciamo scorrere incoscienti in questa incomprensibile frenetica esistenza.
Ovviamente nei miei occhi e nella mia mente qualcosa è passato, ma non voglio dire.

Alle volte, forse, la cosa migliore è non ”parlare”…ma respirare profondamente.

Andrea, Nabo Jibon, Calcutta.


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